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Autobianchi A112 Abarth: Le storie migliori nascono per caso

Per andare avanti, vi faccio fare un passo indietro.
Era il settembre del 1977, ero appena nato, e papà mi portò a casa dall’ospedale sulla sua A112 Elegant amaranto col tetto bianco.
Venne poi settembre del 1995, appena iscritto per prendere la patente, trovammo per caso una A112 Junior azzurro metalizzato in vendita poco distante casa nostra.
Non c’è due senza tre.

Settembre 2007, una storia d’amore felicemente naufragata, un matrimonio diventato mai-trimonio, una sommetta di danari avanzata in tasca che improvvisamente diventò scottante.
Un giuramento fatto a me stesso, quando, purtroppo, portai a demolire il Junior, manco a dirlo, settembre 1997, che diventava un imperativo: Dodici, prima o poi, ti riavrò.

Inizio così una frenetica ricerca per tutto il nord-ovest italiano. Val d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria (e qui giocavo in casa)…

Ne incontro tante, messe bene, messe male, messe peggio, costose senza motivo ed economiche e si capiva il perchè. Fino ad arrivare ad una, stranamente soleggiata, mattina in una quieta cittadina nel cuneese, Bra. No, non era settembre, pensavate eh?

Febbraio, febbraio 2008.

Una casa colonica vecchio stile, di quelle con l’abitazione sopra e l’officina-elettrauto-carro attrezzi 24ore-su-24 sotto, anch’essa vecchio stile, di quelle coi poster di donnine nude sui muri, con la sua corte interna e con tutta una serie di box occupati da mezzi di vario genere.

Il signor Elettrauto vecchio stile si dirige in fondo, con me al seguito. Apre, con una certa fatica, quasi a rendere più epico il momento, il portone di legno.
Entra la Luce. In tutti i sensi.

Lei, stupita da un risveglio al quale non credeva più, io, stupito da un brivido che non provavo più da mesi. Entrambi, con un guizzo negli occhi un po’ appannato dal momento.
La guardo bene, lei mi guarda bene. Tornerà a casa con me.

Dal 2008 lei è quella che mi fa brillare gli occhi, che mi porta al lavoro senza problemi quando l’altro elettrodomestico a 4 ruote ha qualche rogna, nonostante fosse afflitta da un male oscuro, la sindrome di “non so come facesse ad andare col motore ridotto cosi”, perchè non tutti quelli prima le hanno voluto bene come me.

Tra poco festeggeremo il nono anno insieme, col suo motore preparato, la sua camma da 9.000 giri, il suo Weber maggiorato da 34, i suoi Hella 160 sul paraurti, i suoi Canonica Fondmetal e il suo autografo, sul cofano, della signora Anneliese Abarth.
È cambiata molto in questi anni, ho la fortuna di conoscere un po di gente nel settore, e chiunque ci abbia messo le mani, ha fatto dei piccoli capolavori.

L’assetto, artigianale, l’ha abbassata quel tanto da permettere una guida più cattiva e precisa, facendo in modo che i cerchi con canale da 5” non toccassero troppo nei passaruota, il motore , completamente rifatto, ronfa beato in statale a sessanta all’ora per poi tirare fino a 9.000 giri quando le cose si fanno serie… Non ho la presunzione di dire di averla migliorata, ma siamo, tra tutti, riusciti a metterla nella condizione di esprimersi al meglio in ogni situazione, ogni umore, ogni strada.
Quando nel traffico cambio basso, certo, fa capire che la felicità per lei è tutt’altro, ma comunque non mi biasima troppo.

E poi c’è il nostro momento poetico, in terza tra i 4 ed i 6mila giri, in cui lo scarico entra in risonanza e sei sommerso da un rombo che ti fa faticare a credere che davanti a te, sotto la gobba, c’è un mille ad aste e bilancieri.

Le storie migliori nascono sempre così, per caso. O meglio, con l’idea che sia per caso, ma l’impressione che a volte, qualcosa ci si mette di mezzo e, per una volta, mettere le cose a posto.

Posso fare le dovute presentazioni, adesso:

Popolo del Drive Experience, a voi : AUTOBIANCHI A112 ABARTH 1050 1984, sesta serie.

Paolo Rossi Crosa