Editoriali

LE 10 ICONE che i social ti stanno rovinando

DIECI AUTOMOBILI DA TIRARE IN CAUSA CON UNA CERTA ATTENZIONE

I social hanno dato potere informativo e diritto di parola a chiunque, in qualunque ambito e contesto. C’è un attentato e subito sono tutti generali dell’esercito, c’è un terremoto e sono tutti sismologi, c’è un’elezione e sono tutti esperti di politica, estendendo più o meno a qualunque cosa questa dinamica incredibilmente fastidiosa. Figuratevi se il mondo dell’automobile avrebbe potuto salvarsi dalla morsa dei qualunquisti e degli esperti del sentito dire che, con leggerezza tipicamente facebookiana, commentano e sparano a zero sui modelli più gettonati nel bar virtuale per eccellenza.

Chi da tutta la vita, per mestiere o per passione, studia e si informa investendo tempo prezioso sulla propria piccola o grande cultura, tende ad affrontare questo fenomeno fin troppo diffuso con una certa insofferenza. Dunque, se siete appassionati veri, tutto quello che segue vi risulterà molto molto familiare, perché purtroppo siete stati abituati dai social al bombardamento quotidiano di certe paginette e gruppi  che fanno a gara per essere quanto di peggio in rete. Troppo cattivo? Secondo me no.

N.10 – BUGATTI VEYRON

Non è una macchina che sta simpatica, a nessuno. Gli unici che si sono gasati quando è stata presentata avevano 12 anni e l’apparecchio sporco di marmellata. E’ una macchina che fa scaldare praticamente solo quei suddetti dodicenni con il sogno di diventare “car-spotter” a Montecarlo. A tal proposito, un piccolo messaggio dal vecchio Davide: quando passa una macchina pensate a guardarvela, non a tirare fuori il telefono per pubblicare l’ennesimo inutile video barcollante su Facebook che vedono vostra zia e il vostro compagno di banco. Quando a Montecarlo ci siamo stati con la Huayra li ho visti, esistono davvero. Corrono da una parte all’altra della strada, tagliano nei parchi, saltano cagnolini, terrorizzano vecchiette imparruccate, tutto per fare un maledetto video a una Pagani Huayra a passo d’uomo con dentro un Davide Cironi che ride e un Andrea Palma che a sua volta impreca contro il traffico in cerca di un posto dove pranzare. Ecco, quelli lì tutti sudati che fanno a spallate per mettersi davanti agli altri cellulari sono gli unici che si gasano per la Veyron. E veniamo invece al restante 90% della popolazione automobilistica: grazie a Top Gear e pochi altri (ma solo perché non l’hanno guidata poi in molti) la prima Bugatti tedesca è stata etichettata come un camion che sa andare solo dritto.

Talmente è ottuso l’appassionato medio che non è bastato neanche il record della successiva Super Sport sul circuito dello stesso programma inglese (1 minuto e 16 – meglio della Gumpert Apollo e meglio della Ascari A10) a recuperare questa brutta nomea. Ciò che più fa ridere è che questi commenti vengono praticamente da gente che le hypercar al massimo le insegue quando passano o peggio le ha solo viste su internet. Non ci vuole poi molto a capire che la rinnovata Bugatti di Molsheim non voleva in nessun modo proporsi come auto da tempo sul giro, era evidente e ce lo dice il nostro grande Loris Bicocchi nella sua intervista.

FONDO DI VERITA’: Effettivamente una macchina molto molto pesante, per forza di cose. Antipatica e colpevole di aver rotto un tabù, fregandosene del fatto che gli altri costruttori erano più o meno d’accordo nel darsi una calmata con la velocità massima a fine anni novanta. E’ stata come Giovanni che umilia la ruota della bambina in autogrill. Non si fa. Lo sapevamo che si poteva sfondare i 400 all’ora, le F40 sperimentali con Benuzzi alla guida toccavano già i 400 mille anni prima e senza bisogno di 10 radiatori. Ha dato il via ad una folle e stupida corsa alla velocità massima che è solo uno degli ultimi piaceri dati da una supersportiva. Non bellissima, soprattutto dal vivo, e poi abbiamo ancora tutti l’amaro in bocca per come è finita la storia a Campogalliano, non diciamo cretinate.

 

N.9 – ALFA ROMEO GIULIA QUADRIFOGLIO

Il 2016 è stato il suo anno dai, lo sappiamo tutti. Al di là dei premi che ha vinto e delle moine che le abbiamo fatto tutti noi tester, oltre i record e il clamoroso ritorno mediatico di questa infinita attesa, è una bella macchina. Cosa è successo sui social? Giulia ha finito di dividere gli appassionati in due grosse fazioni: simpatizzanti del prodotto italiano e esterofili che vorrebbero vedere il paese sotto terra con tutta la sua industria. Sono riusciti a farmi passare la voglia di parlare di un’auto nata da neanche un anno, un’impresa epica. Cioè talmente tanto fastidio ha dato questo colpo di coda in letto di morte che gli anti-alfisti hanno creato grandiose pagine Facebook contro di lei, aprendo guerre quotidiane con la razionalità (per citare Max Pezzali) insieme all’altrettanto discutibile massa di alfisti dell’ultim’ora che, impugnando la propria MiTo a GPL, usano i 510 cv della Quadrifoglio per sentirsi meglio con sé stessi. E c’è di peggio; anti-alfisti contro alfisti, poi alfisti vecchia scuola contro nuovi alfisti, poi alfisti vecchia scuola moderati contro vecchia scuola fondamentalisti, mentre gli amanti delle giapponesi si sentono sollevati per non essere coinvolti in questa faida finché non arrivano quelli che vogliono umiliare una GTR con la Golf R, ma sfociamo in un’altra storia.

Questa macchina è già un’icona. Non c’è molto da sindacare in questo. Quando un’auto così viene prodotta di punto in bianco qualunque genere di appassionato vero deve sorridere e incuriosirsi, il resto è puro teatrino di persone tristi ed annoiate. Costa troppo, i materiali non sono all’altezza, sembra una Mazda, e via con le opinioni influenzate dal cugino di ammiocugino che ha la Golf da 700 cv addisel o la 75 truccata ex polizia che fa 280. “La vera Alfa, l’ultima vera Alfa, Alfiat, Giulia era una sola, l’Alfa è morta, Bin Laden è morto”. Quanto vi sto dando fastidio con queste parole? Quello che penso io della Quadrifoglio potete vederlo cliccando sull’evidenziato e credo che se mi dicessero di guidarla ora, magari nera e manuale, non mi farei pregare. GRAN macchina a livello tecnico, qualcosa di davvero elevato.

FONDO DI VERITA’: Dopotutto non è che Giulia sia stata proprio una santarellina eh… Per colpa di un signore o due che stanno sulle poltrone più comode di FCA alcuni dettagli della Berlina dell’anno sono stati sporcati e sviliti. L’anteriore originale era più affusolato e meno da pitbull, il montante posteriore NON era ispirato alla Serie 3, la seconda maniglia sulla fiancata non era sulla porta posteriore ma sul montante come la 156, la coda era tronca e non con quel contentino di spoiler, più tante altre cosette che sono solo frutto di scelte sbagliate. Non parliamo delle scelte di marketing come la pubblicità “non hai bisogno di..” e la totale mancanza di sportività nell’intera operazione mediatica di lancio. Eppure ci vuole impegno per riuscire a non rendere affascinante una storia come quella dell’Alfa Romeo. La paura di osare su qualcosa di lontano dalle ricerche di mercato, cosa che in Italia prima non avevamo e che ci ha sempre reso il paese più invidiato del mondo. Il mercato non ha sempre ragione, altrimenti non nascerebbero mai nuove mode.

Bastava un’inquadratura sola, e avrebbero avuto il mondo ai loro piedi.

 

N.8 – TESLA MODEL S

Coppia massima: 440 Nm a 0 – 5.900 giri senza fare un fiato. Una berlinona senza prese d’aria sull’anteriore, con delle linee così altezzose da far girare mezza Area 51, capace di umiliare mezzo listino delle supercar sul dritto. Durante il nostro test con la McLaren 570S in Francia ne abbiamo trovata una in autostrada e ovviamente io mi sono messo alle sue caviglie per vedere coi miei occhi quanto sia capace di andare questo attrezzo demoniaco. La risposta è: TANTO.

Veniamo ai nostri amati social. Girava in rete un video che vedeva una Tesla impegnata in una drag race contro la piccola Alfa 4C (e parliamo della Tesla più grossa e pesante). Si vede la 4C soffrire ma combattere nei primi metri, finché non si scopre che la Tesla ha attaccato dietro al gancio traino un carrello con sopra un’altra 4C. Cioè l’elettrica va più forte della piccola coupé italiana con un’altra piccola coupé italiana sul groppone. Odiosa, no? Quante persone si sono realmente interessate della Tesla prima di commentarne le scelte e la filosofia? Con questo non vi dico niente e vi invito ad approfondire, ma magari pensiamo anche alle curve che a noi dovrebbero interessare di più. Io sono molto curioso di sperimentarle sulla mia pelle, soprattutto da quando ho scoperto che c’è una modalità chiamata “Insane” selezionabile dal computer di bordo (insane = folle).

FONDO DI VERITA’: Diciamo che tutta questa impertinente corsa alle potenze mi nausea. Figuriamoci se le potenze sono accompagnate dal solo rumore del vento e degli pneumatici. Ma poi, siete così sicuri che le auto elettriche siano a emissioni zero? Andranno pur fabbricate queste batterie e queste macchine? Sapete qual è la percentuale di inquinamento di cui sono responsabili le automobili ad uso privato? Magari sarei più contento se iniziassero dai trasporti su terra, pubblici e commerciali, con questa grande voglia di verde.

 

N.7 – FIAT ABARTH 500

Come tutte le auto di successo, la piccola Abarth di Torino in chiave moderna (e molto riuscita devo ammettere) vanta, oltre ad una meritata schiera di amanti, anche un impressionante stuolo di detrattori. E’ carina, seppur leggermente fighetto-oriented, è veloce, nonostante qualche forzatura dettata dalle famose leggi di mercato che il più delle volte sembrano legate ad un ammasso di pappemolli, ma soprattutto ha un suo carattere ben distinto da tutte le concorrenti, cosa molto importante. Sto ritardando il mio test con lei perché volevo aspettare il modello giusto, sono indeciso tra la prima serie e la Biposto, o forse la 595 Competizione. Ci si è messa Abarth che dice io sia troppo aggressivo durante i test (e torniamo al glorioso marketing FCA di cui sopra), ma alla fine riuscirò a farvi un bel video con la Scorpioncina. Veniamo alla sua settima posizione nella classifica delle icone che i social ti stanno facendo odiare.

La 500 Abarth si ribalta. Bene, guardandola con quel tetto alto, uno magari ci crede troppo facilmente. Sembra strano ma se scrivi su YouTube “500 S” il suggeritore non pensa alla versione S ma ti scrive in automatico “si ribalta”. Studiando un po’ i video in cui le auto (da corsa) in questione si cappottano è abbastanza evidente in che circostanze lo fanno, e di certo non è una giustificazione. Situazioni critiche per un telaio irrigidito con assetto piatto ma tetto alto, quindi improvvisi cambi di carico su cordoli più spessi, collisioni con altre auto dal lato leggero del veicolo in percorrenza o comunque circostanze che non dipendono solo ed esclusivamente dall’equilibrio dell’auto, che, presa da sola, non tende a ribaltarsi spontaneamente (e grazie). Quindi il punto è: in pista e in gara la macchina dovrebbe forse essere un po’ meno pericolosa, ma la vettura stradale non si trova praticamente mai nelle condizioni in cui può incappare una macchina da competizione, dunque il mito, se non da sfatare, è quantomeno da ridimensionare.

FONDO DI VERITA’: se le cose succedono un motivo c’è sempre, ma ricordo spesso e volentieri Clio o varie Enfants terribles che davanti ai miei occhi si sono comportate alla stessa maniera in circostanze critiche. A onor del vero però, risultavano comunque più semplici da recuperare e alcuni piloti tra i più svegli erano riusciti anche a rimettere le 4 ruote a terra evitando capriole. Infine, se la smetteste di lamentarvi delle comodità in macchina magari le compatte sportive sarebbero di nuovo tutte un po’ più mascoline, con il tetto e il baricentro più bassi e torneremmo ad avere il problema del posteriore bastardo che era preferibile a quello del cappottamento.

 

N.6 – NISSAN GTR

Di nuovo colpa di Top Gear, la macchina “Videogioco”. E mi ci metto anche io stavolta, mi rendo ben conto che ero stato facilmente influenzato da Hammond, May e Clarkson perché effettivamente l’idea che dava era quella. Finché uno poi non si siede al volante e inizia a spingere forte (video). Non ricordo molti videogiochi che ti spaccano il collo come la GTR. In effetti un pilota/collaudatore di mia conoscenza ne ha una di cui è perdutamente innamorato e questo signore che io stimo molto è partito dalle Uno Turbo, per arrivare alle Zonda, quindi non proprio un amante del videoludico. Perché allora questi benedetti inglesi ci hanno infilato dentro l’idea che la Nissan più sportiva fosse come una PlayStation su ruote? Perché evidentemente siamo noi a non aver capito cosa ci stessero provando a dire, complice la solita orribile traduzione che la nostra TV ci impone. Se possono trasformare “Eternal sunshine of a spotless mind” in “Se mi lasci ti cancello” figuratevi cosa possono combinare con le dichiarazioni riguardanti magari lo schermo di controllo della GTR.

In effetti mi permetterei di dire che forse la sensazione di videogioco era data da quel computer di bordo che avvisa il guidatore di ogni “insignificante” parametro di utilizzo, come su una consolle, a cui non eravamo ancora abituati nel 2007. Giù tutti i commenti del mondo internet sulla povera GTR videogioco, quindi. I migliori sono quelli de “L’ultima vera”. Mi spiego meglio: L’ultima vera Skyline è la R34, l’ultima vera Alfa è la 75, l’ultima vera Lancia è la Delta, addirittura iniziamo con l’ultimo vero Drive Experience era quello del 2015. Rispettivamente: la R34 l’hanno vista da ragazzini in mano al compianto Paul Walker e sono cresciuti con il mito dei neon blu, ignorando il fatto che la filosofia è perfettamente lineare tra le due. La 75 perché era l’ultima Alfa a trazione posteriore, dimenticando puntualmente la SZ (strano, forse perché costava più di quanto zio Mario si poteva permettere e non ci siete cresciuti dentro?) detto da uno che ha appena comprato una 75 prima serie 2.0 carburatori. La Delta… Siamo sicuri che era ancora Lancia quando ha vinto i famigerati mondiali? Qualcosa mi dice che ne parliamo più avanti, fatto sta che la povera GTR alla fine subisce anche lei l’ormai immancabile “eh, ma il Deltone”. Così impara a non essere prodotta in Italia, le sta bene.

FONDO DI VERITA’: Certo, anche lei come la Veyron ha voluto proprio rompere le palle. Arrivi, con l’espressione cinica e tipicamente giapponese, in grigio, senza un muscolo sulla fiancata, batti la 911 Turbo a casa sua e costi pure la metà? Vuoi farti odiare. Con i controlli inseriti si ha diritto di parola solo sul rettilineo e neanche troppo. Lo schermo da professionisti al centro della plancia da più informazioni di quante puoi digerire a meno che non sei un ingegnere feticista dei parametri e tutto ti porta a distrarti da quello che realmente l’auto esegue dopo i tuoi comandi. Insomma te la puoi godere in due casi: se non te ne frega assolutamente nulla di sapere cosa sta succedendo e vuoi solo andare forte senza morire, oppure se te ne frega troppo di ogni singolo dispositivo e riesci a eccitarti dopo aver trovato il tuo set-up perfetto tra le miriadi di opzioni e configurazioni possibili (con laurea ad honorem annessa).

 

N.5 – ALFA ROMEO 155 2.5 V6 Ti (DTM)

In effetti ci metto questo modello perché è quello che scatena tutta una serie di manovre da parte del popolo social dalle quali non si scappa neanche se si è Eddy Merckx. Partiamo dalla premessa che in qualche modo ho avuto il privilegio di averla in mano per un giorno intero, e non una qualunque, ma la 1996 ITC, ultima e massima evoluzione del progetto DTM (video). Quindi, oltre ad essermi informato all’età di zero anni come avrebbe dovuto fare la maggior parte degli esperti da bar che scrivono di quest’auto sui social, poi ho potuto capire sulla mia pelle. A chiudere il cerchio, mi sono fatto spiegare di persona da papà Sergio Limone e dagli alfieri Nannini, Larini e Danner, cosa era la 155.

Grazie al successo incredibile del 1993, quando Larini vinse il DTM azzittendo tutta la Germania e mezza Europa, si è parlato e si parla ancora a vanvera sulla 155 dei concessionari e sulle sue versioni acquistabili dall’umana popolazione. Nonostante fosse “una Tempra ricarrozzata” a detta di Sergio Limone nella sua intervista, la versione stradale ha goduto dei successi nel Superturismo, nel BTCC, nel DTM e nel ITC. Facciamo chiarezza uno per uno.

Tarquini su due ruote vince il British Touring Car Championship con una 155 2.0 a trazione anteriore: questa è veramente una 155 vicina a quella che lo zio di tutti poteva comprare per cambiare la sua 75, ed era una macchina molto molto vicina alla Fiat Tempra (pensate Fiat cosa era in grado di far vincere in uno dei campionati più duri al mondo).

Nannini torna dopo l’incidente in elicottero e dalla F1 passa in Alfa con la 155 GTA Superturismo: una vera e propria Lancia Delta con carrozzeria Alfa Romeo, quindi lo stesso 2.0 turbo e la stessa trazione integrale. Macchina sempre preparata dai soliti geni del team Sergio Limone, presi dalla Lancia e messi di forza a far vincere Alfa, dai rally alla pista. Vincono ovunque mettono mano, fino ai tempi della 156 Super2000. La 155 GTA non ha avuto discendenti stradali se non un unico esemplare costruito con carrozzeria in carbonio che si chiama GTA Stradale e non c’entra nulla con le repliche non ufficiali fatte da Zagato in vetroresina.

Larini vince il DTM nel 1993 con una 2.5 V6 Ti: macchina progettata e costruita da zero da quello che era il team Abarth, zero in comune con la 155 dei concessionari, ma zero zero eh… Neanche il V6 era Alfa ma derivazione angoli Lancia Thema V6. Quindi evitare assolutamente di rispondere a chi prende in giro la 155 stradale con “eh, ma la 155 ha vinto il DTM contro le crucche” per evitare di apparire come Renzi alla Casa Bianca.

FONDO DI VERITA’: In ogni caso la 155 ha insegnato a tutti come le corse sono la cosa più importante per un marchio come Alfa Romeo, soprattutto quando si parla di uomini dietro un progetto. Sono il primo a fregarsene di quanta Milano ci fosse sotto le 155 da corsa, è comunque una storia troppo bella e sono contento che ci fosse sopra quello stemma.

 

N.4 – FIAT PANDA 4X4

La vera eroina dei social è lei, mani basse. La macchina che può stare antipatica a qualcuno solo se ci ha trovato dentro la fidanzata con il migliore amico sopra (perché oltretutto ha anche il grande sedile reclinabile in posizione Siffredi). Tutti i ragazzi che si rispettino hanno avuto almeno un momento della loro adolescenza legato al Pandino, che nella versione integrale faceva la voce grossa sulla neve e sullo sterrato, umiliando tutte le varie sportivette che si infognavano dopo un metro. Dunque impossibile odiarla, allora perché è in classifica al quarto posto? Perché, come dice il buon Mentana, il webete non ha limiti. Così come quasi qualunque altra cosa simpatica, anche la Panda può essere resa odiosa da questi individui social-addicted che, pur di prendere i 5 mi piace degli amici del muretto, pubblicherebbero qualunque immagine seguita dalla dicitura “Andiamo a comandare” e spesso, purtroppo, la protagonista di questa scena è una Panda.

Quando ho fatto le prove per la prima puntata di Top Gear Italia mi hanno messo a fianco una Panda 4X4, che poi hanno usato nella puntata definitiva, e ho dovuto improvvisare un discorso su di lei, su quanto fosse rassicurante ed educativa un’automobile così (prima di salire sulla 458 Italia) e questo è indice di una cosa sola: se Top Gear Italia l’ha presa in considerazione vuol dire che c’è dietro una grossa indagine di massa. Ecco dunque perché la Panda 4X4 merita il quarto posto davanti alla Bugatti Veyron o alla Giulia Quadrifoglio.

FONDO DI VERITA’: Non c’è nessun fondo qui, è tutto vero (pure troppo).

 

N.3 – ALFA ROMEO 75

Ed entriamo a bomba nella top 3 con la mitica “ultima vera Alfa Romeo” a detta di molti. Già prima c’era questa incredibilmente poco sopportabile disputa tra gli alfisti pre-75 e gli alfisti post-75. Una guerra che fosse stata fatta a cannonate probabilmente ci avrebbe alleggerito di tante sofferenze mediatiche. Andiamo ad analizzare brevemente: la 75 nasce nel 1985 ereditando praticamente tutta la meccanica dall’Alfetta, quindi roba progettata a inizio anni ’70, abbandonando la precisione del cambio Giulia in favore di Transaxle e De Dion. Risultato, cambio a volte incerto, soprattutto se logoro ma una potenza, una tenuta e una precisione in strada talmente valida da andare avanti evolvendosi fino agli anni ’90 con il canto del cigno ES-30, la SZ. Non particolarmente vincente nel turismo a causa della nuovissima e avanzata BMW M3 E30 o della temibile Sierra Cosworth, si fa comunque sempre rispettare su tutti i tracciati e il suo mito si alimenta facilmente (e meritatamente).

Con la crisi di casa Alfa e l’avvento dell’era Fiat nasce la 155 che capovolge tutti i parametri, peggiorandoli, e perdendo fiducia da parte degli appassionati che non trovano più in strada lo stesso godimento (nonostante le suddette vittorie in gara). Anni bui dunque, durante i quali i meno affezionati del marchio passano già a comprare tedesco o inglese, attenti al fatto che la M3 eccelle ed esplode in qualunque categoria gareggi).

Qualche anno dopo arriva la prima redenzione del piacere di guida, la 156, che insiste sulla trazione anteriore (progetto che in Alfa era già fortemente voluto dagli antichi guru oggi tanto rimpianti dall’appassionato medio) e che dimostra al mondo ancora una volta quanto Mamma Fiat potesse vincere con qualunque base di partenza. La 156, detta dal sempreverde Limone “l’ultima vera Alfa a trazione anteriore”, stravince ovunque mette gomma, prima con la D2 e poi con la Super2000, ma stavolta la versione stradale rispecchia in pieno le caratteristiche dell’auto da corsa. Sterzo, motori, sospensioni e telaio sono finalmente adeguate al blasone che l’auto ha la responsabilità di indossare. Il disegno di De Silva ci mette il suo e tutti gli ex possessori di 75 corrono in concessionario a comprarla, rimanendo soddisfatti da una trazione anteriore così ben fatta. La voglia di spinta da dietro però resta. E tutti sperano nella successiva berlina, che però non arriva. Al posto suo arriva una 156 ingrossata e bellissima, che non ha futuro nelle corse e neanche particolare appeal alla guida. Poi ci sarà Giulia e ok… Ma già tardi per recuperare quelli che non avrebbero mai voluto lasciare la 75 e la sua filosofia costruttiva. Dunque il risultato è che ora alcuni si sono ritrovati una nuova berlina Alfa dell’era Fiat che rispecchia in tutto e per tutto quella filosofia, ma non la accettano lo stesso dopo l’odio che hanno (in parte giustamente) maturato durante questi venticinque anni di sofferenza. (Ah, un collaudatore dell’attuale top di gamma Alfa Romeo possiede una 75 3.0 V6 ed è fermamente convinto che se fosse stata turbo avrebbe fatto un suono molto simile alla Giulia Quadrifoglio. Vero, non vero? Sicuramente intrigante). Ma dopo la storiella, perché è terza in classifica?

Perché voi ce la fate a sentire ancora i possessori di MiTo e Giulietta che si scannano con i possessori di 75 1.6 IE? Una considerazione che basta e avanza secondo me a chiudere il discorso è la seguente: ho conosciuto tanti e tanti personaggi della storia Alfa Romeo, chi protagonista direttissimo, chi in modo marginale, dal più importante direttore tecnico degli ultimi 40 anni al collezionista privato che ti sa raccontare bullone per bullone tutte le sue Alfa a memoria. E NESSUNO, ripeto, NESSUNO di loro si sogna di nutrire odio verso uno dei modelli del suo marchio del cuore, pur ammettendo che alcuni sono usciti particolarmente poco bene, mai li sentireste etichettare la mitica 75 come “ultima vera Alfa”. Cosa ne penso io? Ne ho appena comprata una, ma mi piacerebbe tanto anche avere una 156 GTA nera manuale e berlina (che, litigate quanto volete, va più forte).

FONDO DI VERITA’: La 75 fa ancora un grand’effetto di vecchia scuola e io stesso la chiamai “preside” in uno dei miei vecchissimi articoli per un giornale che neanche esiste più. Seppur figlia degli anni ’70 rimaneva abbastanza attuale fino a quando sulla SZ lavorò Giorgio Pianta, rendendo la 3.0 V6 carrozzata Zagato una vera Signora su strada. So anche che a quei tempi era già pronto il futuro motore 3.2 GTA e avrebbe potuto essere montato sulla SZ con un risultato tutto da immaginare. Dunque sì, non è strano che i social siano tempestati di Alfa 75 essendo anche il modello più performante tra le “ancora acquistabili” Alfa vecchia scuola. Ma insomma, la 1.6 IE non è una 1.8 Turbo Evoluzione, quindi proviamo ad essere tutti un po’ più oggettivi. Gran macchina comunque, arrogante come solo Una ultimamente è tornata ad essere…

 

N.2 – Fiat Uno Turbo I.E.

Qui entriamo nell’area protetta. Non c’è uno smanettone italiano al mondo, dal pilota professionista al cinno di quartiere, che davanti alla Uno Turbo risparmierebbe un sorriso. Potevi essere il muratore in bolletta, il macellaio indebitato, lo spacciatore senza speranza o uno studente squattrinato, ma se avevi quella Lattina di Napalm fuori al bar eri qualcuno e nessun banchiere, avvocato o figlio di papà poteva farti stare zitto. La Uno Turbo si doveva guidare col braccio tutto appeso sulla fiancata e le sigarette rosse arrotolate nell’altra manica, Springsteen a manetta e la sgasata fissa ad ogni bel culo. Fa venire fuori il peggio di ogni uomo, ammettiamolo.

Purtroppo è così anche dalla parte meno divertente. Come tutte le cose fighe, in mano o in bocca alle persone sbagliate, anche la Uno Turbo può diventare un fastidio. Ancora mi commuovo quando ne parlo con quelli più maturi che non usano i social per descrivere un’auto, per il semplice fatto che parlano con le loro parole, non con i tormentoni dei meme creati da gente che una Uno non l’ha mai neanche guidata. “Ma ha anche dei difetti” lo sento ormai quattrocento volte al giorno, e mi aveva fatto ridere forse le prime dieci. Dopo un po’ diventa altro, si perde l’essenza delle cose quando sono troppo sulla bocca di tutti e, in piccola parte, un po’ la colpa è anche mia. Quindi mi assumo la responsabilità di reinformare chi è andato troppo oltre e di chiudere il recinto ogni tanto. Torniamo per un momento a riflettere sul “motivo per cui”. La ragione che c’è dietro a tutte le mode o le leggende è sempre bella grossa, nonostante questo spesso si tende a dimenticare. Non vorrei mai che i ragazzi di oggi, quelli con la sfortuna di non essere cresciuti almeno negli anni 80′ e ’90, prendessero per mitologico qualcosa che effettivamente non conoscono. Quello si può fare con la 250 GTO. Noi faremo il nostro, promesso.

FONDO DI VERITA’: L’unico fondo in questo caso è quello del mare se non si fa abbastanza attenzione.

 

N.1 LANCIA DELTA

Se qualcuno ha letto fino a qui e si è stupito della vincitrice, probabilmente non ha un account Facebook. Dopotutto “Vincere è umano, perseverare è Delta” recitava un famoso slogan (quando nel gruppo Fiat sapevano ancora come farti venire voglia). Dunque eccoci qua alla fin troppo sospettabile cara vecchia Deltona. La Regina, l’imbattibile e terrificante dominatrice dei rally nei secoli dei secoli amen. Ma è proprio così?

“Eh ma il Deltone…” è meglio di qualsiasi altra cosa, questo emerge da una recente ricerca degli esperti del settore. Non importa che sia essa una 1.6 HF o una S4 Gruppo B, sempre “Deltona” si chiama, chi prova a dire il contrario si prepari a subire l’ira funesta dell’appassionato medio. Mi sacrificherò io, da primissimo amante della Lancia Delta in tutte le sue versioni, provando a fare un minimo di chiarezza.

Senza pretendere di raccontare l’intera storia del modello in una classifichetta fatta per ridere, partiamo subito dal 1986, con la vettura allestita per partecipare al famigerato Gruppo B. La S4 non c’entra nulla con nessun’ altra Delta in commercio, neanche un bullone. Come la Renault 5 Turbo non c’entrava nulla con la GT Turbo, come la 205 T16 non c’entrava nulla con la 205 GTi e via discorrendo. La Delta S4 Stradale, necessaria per l’omologazione della macchina da corsa, rispetta la struttura e le caratteristiche tecniche del campionato a cui andrà ad iscriversi dopo il dovuto allestimento. I meriti e i demeriti della S4 sono dunque da non attribuire in nessuna percentuale alla “Deltona” che anticipiamo essere l’ultima versione di cui parleremo. Da evitare allora esclamazioni tipo: “Eh ma il Deltone ha vinto il GruppoBBì” se si vuole apparire un minimo credibili, sopratutto perché purtroppo il campionato 1986, unico anno in cui la S4 ha potuto competere, è finito in tragedia con la morte dell’indimenticabile Henri Toivonen, lasciando la vittoria (che ancora oggi fa molto discutere) alla Peugeot.

Il team Lancia non aspetta molto per vendicare la S4. Nasce la quattro ruote motrici chiamata “HF 4WD” che su strada si fa già apprezzare per le doti dinamiche e prestazionali, alla portata di tutti ora, ma che sopratutto inizia a farsi largo nelle competizioni Gruppo A. Spazza via la concorrenza  già dal debutto e spalanca la strada a quella che sarà la serie più incredibile di vittorie nella storia del Mondiale rally. Dopo il primo campionato vinto senza fiatone, arriva la nuova versione chiamata “HF Integrale”. Sia la stradale che la corsa  presentano parafanghi allargati e un’estetica molto muscolosa, spavalda della sua superiorità già confermata. Dalla 8 valvole si passa poi alla 16 valvole e si crea il mito vero e proprio. La vera Regina è lei, la più potente con quasi 400 cv in configurazione Sanremo ’89. Vittorie con la pala per le HF Integrale 8v e 16v  che dominano incontrastate fino a conquistare anche il 1991.

E arriva quella che è finalmente possibile chiamare “Deltona”: la HF Integrale Evoluzione, la cui versione stradale fa ancora oggi venire i brividi a tutti gli appassionati del mondo. Lei è la Deltona e nessun’altra, quindi a meno che non abbiate controllato bene, aspettate per l’esclamazione in oggetto. Tuttavia, come ripeto, non è questa la “Regina” ma la precedente 16 valvole, e purtroppo la Evoluzione resta orfana della Casa Madre. Durante la stagione 1991 il team sviluppa la nuova Evoluzione ma il gruppo Fiat impone agli uomini di Limone lo spostamento in massa verso la pista, per risollevare le sorti dell’Alfa Romeo. In questo modo nasce la sopracitata 155 GTA, mantenendo sottopelle la stessa Delta. Questa costola vince anche in pista, mentre nel 1992 il Jolly Club porta a termine quanto Lancia non aveva potuto fare, regalando alla Deltona il suo campionato. E’ il sesto della stirpe, tutt’oggi record imbattuto.

FONDO DI VERITA’: Sei campionati del mondo non si vincono da soli, ma c’è da dire una cosa fondamentale. Ragazzi, la Delta che è stata protagonista assoluta della storia moderna del mondiale rally non era esattamente uguale uguale a quella che si poteva comprare in concessionario. Le Delta HF dalla 4WD alla EVO2 avevano alcuni difetti abbastanza gravi (montanti telaio che si spaccavano, turbine delicate, pompa acqua debole, cinghia sottodimensionata, per dirne alcuni) e sicuramente non andavano forte come suggeriva il loro impatto estetico evocativo della leggendaria auto da corsa. Quest’ultima era completamente adeguata all’utilizzo che se ne doveva fare, in quel caso vincere contro tutto e tutti fino a stancarsene.

In conclusione, sperando di avervi fatto sorridere e di aver chiarito qualche punto oscuro, questa è la mia personalissima classifica delle auto che i social mi stanno un po’ rovinando. Si tratta solo di affrontare qualunque discorso, specie se automobistico, con il dovuto riguardo, per evitare di sporcare belle storie che dovrebbero essere tramandate nella maniera più pura e rispettosa possibile.

Davide Cironi