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Bugatti EB110 GT – La Supercar dal cuore spezzato – VIDEO Test in pista

L’unica Supercar con il cuore spezzato. Se è vero che le auto hanno un’anima, lei ne aveva almeno 4 (come i suoi turbo). Venite che ve la presento.

La Supercar dal cuore spezzato: Bugatti EB110 GT - Davide Cironi Drive Experience

Alla fine è successo quello che temevo, per questa macchina qui avevo da dire un miliardo di cose, dopo tutte le ricerche e il lavoro svolto per lo speciale Bugatti di qualche anno fa sono riuscito finalmente a guidarne una a fondo. La carica di aspettative e adrenalina che ho avuto non mi ha fatto dormire ieri notte, infatti ho bevuto sei amari al bancone dell’hotel prima di mettermi a letto. Pessima idea perché non mi sono tolto dalla mente i suoi quattro turbo neanche all’alba.

Sapevo che avendo troppo da dire non avrei più detto niente, non ci sono riuscito. La macchina mi ha tolto le parole. Sembra io stia guidando un’auto che non conosco, non si direbbe che io abbia speso mesi e mesi a prepararmi su di lei, invece è proprio così.


Avrei voluto parlare della sua posizione di guida, che in qualche modo si distanzia sia da Ferrari che da Lamborghini e si avvicina più al vero concetto di Granturismo, con la schiena più dritta anche per i più alti, le braccia non eccessivamente distese neanche nelle manovre più impegnative, bella pedaliera, belle impugnature di volante e pomello, una soddisfazione il tocco di quasi qualunque materiale all’interno, ma soprattutto la sensazione di essere parte integrante di un macchinario poderoso. Quando il braccio si unisce alla leva del cambio, in un solo movimento la gamba sinistra affonda sotto il cruscotto e il motore alto di giri soffia fuori l’aria in pressione, sembra che quel rumore sia direttamente venuto fuori cuore di chi guida, prendendo fiato tra una spinta e l’altra del V12 quadriturbo.

Avrei voluto parlare del motore appunto, unità unica ancora oggi, di un fascino ineguagliato e con un potenziale almeno doppio di quello che esprime sulla GT. Stanzani iniziò a progettare questo motore su richiesta di Ferruccio Lamborghini, che aveva intenzione di tornare a fare automobili con il suo vecchio entourage, Pedrazzi compreso, almeno così mi raccontò l’ultima volta che ci siamo visti. Legandosi poi ad Artioli il progetto meccanico prese il nome di Bugatti, perdendo Ferruccio che rimase ad osservare dalle sue vigne. Più avanti lo stesso progetto perse anche Stanzani e Gandini, che non condividevano con il presidente la visione d’insieme della macchina. Fu Nicola Materazzi, padre della Stratos, 288 GTO ed F40 a prendere in mano la meccanica, e Giampaolo Benedini, l’architetto della fabbrica di Campogalliano, stravolse il disegno di Gandini per rendere la EB come la conosciamo.


Il prototipo originario di Stanzani e Gandini era a detta di Artioli troppo somigliante agli stilemi Lamborghini, e non credette nel telaio dei primi tre prototipi che era in honeycomb (effettivamente molto delicato) come non fu convinto della linea cuneiforme tanto amata dal grande Gandini. Così l’architetto Benedini, che oltre ad aver disegnato gli incredibili stabilimenti era anche parte della famiglia Artioli, adeguò le forme della Bugatti italiana ai gusti del presidente.

Avrei voluto parlare della dinamica, degli inserimenti e della trazione in uscita, ma non ci sono condizioni adatte a farmi un’idea reale e me ne rendo conto. Quindi ora so soltanto come va una Bugatti sul bagnato (e va molto bene).

Avrei voluto parlare di tante cose che mi legano a questa storia, considerando il fatto del tutto personale che io e la Bugatti di Campogalliano nasciamo nello stesso mese dello stesso  anno: ottobre 1987.


Credo non ci sia insomma una macchina che racchiuda in sé più anime inquiete di questa. Aggiungiamoci che non credo di aver mai ascoltato così tanti ex dipendenti commossi ricordando un impiego che hanno perso, anche a distanza di vent’anni. Per non parlare dei grandi protagonisti, praticamente tutti i migliori personaggi dell’automobilismo moderno, compreso Vittecoq e quello che poi sarebbe diventato uno dei migliori collaudatori di sempre, Loris Bicocchi.

Per chiudere, anche stavolta dovrò rimandare un articolo scritto come vorrei per questa magnifica supercar tradita dalla sua stessa ambizione, come una moderna Icaro che si avvicina troppo al sole bruciandosi le ali. Ma qual è stata la vera causa di questa caduta? Artioli è stato boicottato? Troppi investimenti? Traditori dall’interno? Le altre case modenesi hanno fatto terra bruciata? La Suzuki Maruti?

Abbiamo tante dichiarazioni discordanti, molte inedite, che un giorno condivideremo con voi.

Davide Cironi

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