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DESIGN: L’ergonomia degli interni – Fondamentale e sottovalutata

Vi è mai capitato di entrare all’interno di un abitacolo di una nuova vettura, sedervi al posto di guida e sentire che qualcosa non va? Sentire che non vi trovate a vostro agio? Solitamente dopo un po’ di tempo questa sensazione si attenua.
Altre volte invece capita l’esatto opposto; vi mettete seduti e vi trovate subito “a casa”.
Questo è dovuto in parte dall’abitacolo che vi ospita ed in parte dalla vostra capacità di orientamento.

Vi domanderete ora cosa c’entra il senso di orientamento.
In ogni posto che in cui entriamo, in ogni luogo in cui ci troviamo a passare, il nostro cervello attiva i sensi per analizzare tutto quello che ci circonda creando una mappa dell’ambiente circostante al fine di raccogliere tutte le informazioni necessarie a supporto delle successive azioni o decisioni da prendere.

Ad influenzare la velocità di scansione da parte del nostro cervello subentra il fattore ambiente.
Più il luogo in cui ci troviamo è pulito, semplice, lineare, più saremo veloci a mapparlo restituendoci un senso di patronanza, di sicurezza d’azione.
Al contrario immaginiamo di entrare nella cabina di un Boeing; avvertiremmo un senso di marcato disorientamento dovuto alla grande quantità di indicatori, interruttori, schermi senza una posizione a noi chiara.

Per fare un esempio opposto se ci sedessimo al posto guida di una vecchia Fiat 500 ci sentiremo subito confortati dai pochi comandi presenti, dal piccolo spazio dove ogni cosa sembra essere al proprio posto.
Questo avviene per la maggior parte delle vetture d’epoca (quelle relativamente recenti).

La Giulia degli anni 70 è un bellissimo esempio, dove il senso di confidenza della guida, dato dalla dinamica del veicolo è coadiuvato anche dall’efficacia della disposizione degli interni.
Provo questa sensazione ogni volta che sono alla guida del mio Maggiolone anni 70.
Fino a pochi anni fa tutti gli abitacoli delle autovetture si erano allineati con una disposizione delle componenti standardizzata:
Posizione delle bocchette di aerazione, la forma degli indicatori del quadro strumenti, la posizione del gruppo climatizzazione, della radio, la forma della plancia, i materiali utilizzati etc etc… Di decennio in decennio gli stilemi si erano standardizzati per avere un feeling rapido.

Questo rendeva facile l’orientamento all’interno dell’abitacolo.
Ora con l’introduzione dell’elettronica connessa all’infotainement, all’utilizzo dei touch screen al posto dei pulsanti, alla sostituzione dei quadranti analogici con display multifunzione, si ha un aumento esponenziale delle informazioni che si ricevono, e una perdita delle costanti che precedentemente erano standard e che ora vengono a volte delocalizzate o accentrate in uno o più display.
Altro fatto è che entrando in un auto a quadro spento si vedono solo display neri, che riveleranno le loro funzioni solo dopo aver acceso il veicolo rendendo a primo impatto difficile l’identificazione.

Quindi è facile capire perché ci troviamo maggiormente a nostra un agio in una vettura classica piuttosto che in una moderna.
A questo punto bisogna introdurre il termine “ergonomia”, cioè la scienza che si occupa dell’interazione tra gli elementi di un sistema e la funzione per cui vengono progettati, allo scopo di migliorare la soddisfazione dell’utente e l’insieme delle prestazioni del sistema stesso.
Capite che riferirci solo alla disposizione dei comandi e alla loro configurazione è riduttivo.
Subentrano altri fattori determinanti alla nostra ambientazione e che l’ergonomia tiene in considerazione.

Il nostro cervello mappa tutto come già detto. Parte dalla posizione degli oggetti, passando per le forme che li caratterizzano, segue le linee di raccordo, le altezze e le profondità, il materiale con cui sono realizzate, il colore e la finitura e persino l’odore. Insomma tutto ma proprio tutto viene memorizzato e più informazioni ci sono, più tempo la nostra mente impiega a mettere ordine.
Il design ottimale di un interno non dovrebbe essere sovraccarico di informazioni, ma essere capace di comunicare con l’utente dialogando inizialmente con la sua forma, con i suoi materiali al fine di farlo sentire a proprio agio e di poterne usufruire in modo intuitivo.

Negli anni si sono azzardate soluzioni estreme per sperimentare nuove strade ergonomiche non sempre riuscite. Facciamo un confronto prendendo come esempio due interni di vetture anni 2000.
La penultima Honda Civic (modello dal 2006 in poi) che presentava una plancia dove il termine intuitivo era pressoché sconosciuto. Il quadro su tre livelli di profondità, il mix tra analogico e digitale, una disposizione dei comandi poco razionale la rendevano difficile da usufruire sia ad auto ferma che principalmente alla guida.

Al contrario il quadro strumenti della Citroen C4 prima serie dello stesso periodo introduceva un concetto opposto, accentrando tutto su un grande display digitale centrale posto al centro della linea inferiore del parabrezza,  quasi tutti i comandi all’interno del mozzo centrale del volante che rimaneva fisso, ruotava solamente la corona. I comandi sul resto del cruscotto erano ridotti al minimo. Risultato inaspettato per un feeling quasi immediato. Ma troppo estremo per essere apprezzato a pieno.

Ora la sfida maggiore degli interior designer sta nel fatto di integrare le molteplici informazioni di cui oggi abbiamo visceralmente bisogno in un cruscotto che in ogni caso deve essere da ausilio alla guida.
Ma poi mi domando: possibile che ci stiamo disinnamorando così tanto di guidare? Non sarà che anni ed anni di battaglie sulla sicurezza stradale, campagne contro alcol e droghe alla guida vanno a farsi benedire visto che un’altra micidiale causa di incidenti sta emergendo? Ragazzi stiamo attenti alla “distrazione” che tutti questi dispositivi stanno portando davanti ai nostri occhi.

Per ora godiamoci i video di Davide dove sempre e solo la Guida resta protagonista.

Gian Pietro Pasquali