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Ferrari 348 Challenge + GTS – In pista a ferro e fuoco per toglierci ogni dubbio

La Ferrari 348 Challenge numero zero e l’ultima evoluzione stradale, la GTS (con scarichi liberi) si inseguono in pista

Ferrari 348

A ferro e fuoco sulla pista modenese con due versioni di punta della berlinetta più chiacchierata prodotta a Maranello. La Challenge numero zero che corse il Campionato GT nel 1992, prima ancora della nascita ufficiale del Ferrari Challenge e la 348 GTS con motore H e scarichi aperti. Traversi, sound e poca pietà per le gomme.

Ferrari 348 Challenge + GTS - TEST in pista - Davide Cironi Drive Experience (SUBS)

Divertente è una parola che ho utilizzato spesso in questo video, ma forse non è venuto fuori abbastanza chiaramente il modo in cui l’ho fatto. Questa è una vettura davvero pericolosa nella guida a limite, per un grosso problema di fondo: il diagramma di rigidezza delle sezioni telaio è tutt’altro che rettilineo. Cosa vuol dire?

Ferrari 348

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Che il telaio ha una parte molto rigida e tutto il resto gli torce attorno. Ci si rende perfettamente conto di questo durante le manovre più estreme, mentre sembra un’auto molto reattiva quando si va piano. Questa è semplicemente una percezione che inganna facilmente chi non ha mai provato una sportiva ben progettata e matura, come era già di più la 355 Berlinetta venuta immediatamente dopo.

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Avendo la sensazione di sapere che questo motore (con relativo cambio) fosse stato progetto dell’Ingegner Materazzi, ho avuto una divertente e piacevole conferma durante una delle nostre telefonate: “E certo Davide, si è accorto di una cosa giusta. Sa cosa hanno voluto fare? Anziché proseguire con il telaio in tubi ellittici come da tradizione Ferrari, hanno voluto un po’ imitare quanto era stato fatto sullo Stratos, con delle tubazioni di lamiera. Purtroppo lo fecero talmente poco resistente che la macchina torce e flette“.

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Ho risposto all’Ingegnere: “Sì, poi sa, io ero in pista, sono potuto andare senza briglie ed ero tranquillo che al massimo sarei andato in ghiaia (ride fragorosamente), però su strada non lo so eh…” mi ha interrotto: “Davide, mi ricorda quello che mi disse Alboreto della prima TT, quando Audi Sport gliela fece provare al Mugello. Mi chiamò e mi disse: Senti un po’, io li ho avvertiti i signori dell’Audi. Io che sono un pilota mi diverto, ma qualcuno si farà del male“.

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Così ho continuato a raccontare la mia esperienza in pista all’Ingegnere, dicendo che io mi ci sono molto divertito. La macchina vuole giocare, per chi ama il senso del controllo precario e del rischio, ma non esagererei a cuor leggero su una strada di montagna. Non è un’auto per giocarsi jolly di un metro in più. Andando al trotto è molto molto piacevole, con il suo rumore, il suo sterzo ed il suo cambio. Bisogna fermarsi lì.

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Il fatto che sia stata un po’ rinnegata e scarsamente considerata soprattutto dagli uomini simbolo della Ferrari moderna è concepibile. Una Ferrari non può doversi tirare indietro quando il gioco si fa duro. Nonostante il grosso grasso divertimento di avere in mano uno strumento facile da mettere in crisi e da governare una volta capita la sua bizzarra dinamica.

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Sono stato troppo buono con lei? Mi sono fatto affascinare dalla storia unica e irripetibile della 348 Challenge numero zero dell’avvocato Marasco (lui stesso definiva affettuosamente la sua Challenge “un secchio“)? Il grande e stimato Montezemolo esagerò perché da bravo trasportatore voleva mettere in chiaro che dalla sua gestione in poi le stradali di Maranello sarebbero andate molto meglio? Immaginava che da quella sua dichiarazione un’orda di appassionati avrebbe tratto conclusioni imprecise? Una 348 che si fa lasciare dietro al semaforo da una Golf non ci credo neanche se ci sono io alla guida? Può darsi, chi se ne importa, le macchine di merda sono altre.

di Davide Cironi

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