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I Vostri Articoli: Da apprendista Battilastra a sogno realizzato

Sin da piccolo sono cresciuto a pane ed automobili. Complice il fatto che i miei genitori gestivano un distributore di carburanti, dopo la scuola passavo lì i miei pomeriggi appassionandomi sempre di più ai vari modelli che si fermavano a fare rifornimento. Sin da allora, mi interessavo più che ai motori, alle forme delle carrozzerie. Così quando passavo le estati al paese, a casa di mia nonna, appena possibile mi intrufolavo in una vicina carrozzeria, solo per ammirare il battilamiera al lavoro.

Nello specifico si trattava di un virtuoso della lastratura, il compianto Mastro Peppe Iuffrida di Maida (CZ), il quale con mirati colpi di mazze di varie fogge era in grado con la stessa facilità di riparare un parafango ammaccato o anche crearne uno nuovo dalla lamiera piana.
Raggiunti i 14 anni chiesi a mio padre il permesso di poter andare a bottega in quella carrozzeria. Mio padre acconsentì, ma a condizione che mi sarei dovuto allontanare quando si verniciava. In anni in cui la pericolosità di vernici e solventi non era tanto avvertita, mio padre ebbe questa rara lungimiranza.


Fu in quel periodo che alla carrozzeria si presentò un signore con un’Alfa Romeo 1750 GT Veloce color faggio che voleva fosse riverniciata in bianco ed adeguata nella fanaleria alla successiva 2000. Ahimé, lo facevano in tanti in quel periodo. Mi fu così affidato il compito di smontare quella 1750 GT per prepararla poi alla verniciatura. Ebbi modo così di conoscere a fondo quell’Alfa che avevo sempre apprezzato quando mi soffermavo ad osservarne qualcuna durante i rifornimenti di benzina. Fu allora che promisi a me stesso che appena ne avessi avuto la possibilità avrei acquistato una GT, e non una qualsiasi, ma la 1750 GT Veloce, a mio avviso la più riuscita della serie.


Passarono gli anni, proseguii gli studi e la passione mi condusse a laurearmi in Ingegneria Meccanica nel 1999. Non avevo mai dimenticato quella promessa che mi ero fatto in carrozzeria, ma pur avendo iniziato subito a lavorare, rimandavo sempre il proposito di acquistare la GT. Finché non è uscita in edicola, nel luglio del 2003, una rivista che recava sulla copertina una GT, ed all’interno un dettagliato dossier su tutte le serie. Dopo aver divorato quella rivista, si risvegliò in me la voglia di trovare una GT.


La trovai a gennaio 2004 a Frascineto, in provincia di Cosenza, esattamente come la volevo io; una 1750, ottima di meccanica, sana di carrozzeria, ma completamente da riverniciare e da rifare negli interni. La cercavo non perfetta di carrozzeria ed interni proprio per averne poi il gusto di vederla rinascere con le mie mani e mettere a frutto quanto imparato quando andavo a bottega. Inoltre avevo già in mente delle personalizzazioni sugli interni che non avrei avuto il coraggio di fare su un’auto già a posto.


Il risultato (dopo 3 anni di lavoro) lo si vede nelle foto, il colore è il grigio medio Alfa AR728 e gli interni sono in texalfa rosso 501 e moquette rosso 615. Ho dotato l’auto anche di aria condizionata dell’epoca e di una consolle centrale a tre strumenti da me stesso costruita. Vi sembrerà una stravaganza, ma ricalca fedelmente la forma dell’originale (ben conservato sotto cellophane) di cui ho fatto il calco in vetroresina. È solo più larga di quei pochi cm necessari ad accogliere l’orologio.

I puristi storceranno il naso, ma penso sia un restauro comunque coerente sebbene non nel pieno dell’originalità, completato dai cerchi Stylauto in magnesio e dall’assetto GTA. Visto che l’appetito vien mangiando, nel dicembre 2007 si è aggiunta una Alfa Montreal acquistata a Torino. L’auto era conservata, ma bisognosa comunque di restauro. Questa volta sono stato scrupolosissimo, anche nella scelta delle fascette o delle teste delle viti, e sono stato premiato dalla Omologazione ASI ottenuta nel 2009 con i complimenti dei commissari.


La GT la uso regolarmente nei fine settimana, mentre la Montreal prevalentemente in raduni di storiche. Del comportamento delle due auto posso dire che, benché condividano parte del telaio, hanno un temperamento ben diverso: La GT è più precisa, in special modo nelle curve strette, e grazie all’assetto GTA, ha un rollio limitato, sebbene ancora eccessivo se paragonato ai canoni delle sportive moderne. I suoi 132 CV SAE possono essere addirittura rabbiosi, nonché eccitanti nel suono, in particolare nelle cambiate con doppietta.

La Montreal ha una spinta ben diversa, certamente molto maggiore, ma è assai progressiva, al punto di rendersi conto delle prestazioni solo guardando il tachimetro. Ha insomma delle caratteristiche più da gran turismo che da sportiva, ossia più adatta a trasferte autostradali a media elevata che non a tortuosi percorsi di montagna. Ciò sia per limiti telaistici che per carattere del motore. In uscita dalle curve lente ha comunque un comportamento sincero ed il sovrasterzo di potenza è sempre ben gestibile e lascia un sorriso a 32 denti.


Sulla Montreal voglio sfatare il mito della sua inaffidabilità: L’ho acquistata nel 2007 con la famigerata pompa Spica completamente starata. Con un amico meccanico, ci abbiamo messo quasi un anno per capirci qualcosa e venirne a capo, studiando su diverse pubblicazioni tecniche, di cui quelle risolutive procurate addirittura negli USA presso la ditta Wes Ingram che ha rilevato i diritti dalla Spica e produce addirittura delle pompe nuove. Dopodiché mai un problema o una incertezza di carburazione, tanto al mare quanto in montagna.


In occasione dei raduni i più competenti ammirano di più la Montreal, mentre i meno preparati di più la GT. Sia perché c’è sempre qualcuno che ti ricorda di quando da giovane vedeva passare la GT di un qualche improbabile zio… Sia perché la Montreal, di questi, non la conosce praticamente nessuno: C’è chi la prende addirittura per la De Lorean (forse perché la mia è di color argento? Io non vedo altre similitudini se non al limite qualche somiglianza sul disegno dei cerchi), ma la maggior parte per una GTV6 taroccata. Un signore addirittura una volta mi ha detto “come mai la tua macchina ha 8 cilindri se le hanno fatte tutte a 6”?

Dopo tanti anni di soddisfazioni, nel luglio 2018, per la Montreal è giunto il momento di lasciare spazio ad un altro mio grande sogno. Ho infatti venduto la Montreal ad un signore di Padova con la quale senza importanti ulteriori interventi sull’auto ha raggiunto il secondo posto al concorso d’eleganza di Vicenza, ed ho acquistato il mio più grande sogno di bambino nonché il mio primo modellino della Bburago: La Ferrari Testarossa.


Ho trovato a Roma un esemplare del 1989 con soli 19.000 km verificati in Ferrari, scarico completo in inox Tubi Style con la peculiarità di essere rossa sia all’esterno che all’interno. Una anomalia in quanto il rosso all’interno era riservato alle vetture nere o blu sera, ma da una visura in Ferrari ho appurato che l’auto è nata proprio così.


Della Testarossa cosa posso dire in più che non abbia già detto Davide Cironi nel suo celebre video? Solo che ho provato tante Ferrari: 348, 355, 360, 430 Scuderia e fra tutte, sebbene meno agile, la Testarossa è quella più appagante come sensazioni. Facile da dire se paragonata alle 8 cilindri fino alla 360, ma la 430 Scuderia ha 120 Cv in più e 200 kg in meno della Testarossa.

Ebbene, anche se il cronometro dice un’altra cosa, la percezione di grinta e velocità del 12 cilindri piatto non ha eguali. Sarà per l’assenza di controlli, per i comandi durissimi, ma è va veramente come una fucilata anche se poi risulta impacciata nel misto stretto. È un po’ come confrontare la Uno Turbo con l’attuale 500 Abarth. Sicuramente quest’ultima è più veloce in tutte le condizioni, ma come ci si sente al volante della Uno Turbo, la piccola Abarth non la replica affatto.

La Testarossa non soppianterà comunque mai la 1750 GT nel posto che occupa nel mio cuore, perché è stata la prima e perché è rinata dalle mie mani, perché mi ha accompagnato all’altare ed ha portato a casa la mia primogenita quando è nata (spero di averle dato in questo modo l’imprinting).

Infine, ricordate quella 1750 GT color faggio che ho contribuito a riverniciare bianca e dalla quale ha originato tutto il mio interesse per i veicoli d’epoca, ebbene dopo più di 20 anni ho rivisto il proprietario il quale mi ha confessato di averla rottamata dopo qualche anno per l’acquisto di una Fiat 126 bis.

di Francesco Giampà

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