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La mia Top 10 – Salone di Ginevra 2017

Il Salone di Ginevra è quell’evento che non si può perdere.
Con questa frase in testa ho deciso, nonostante fosse logisticamente impossibile, di partire alle 23:30 del 7 marzo e viaggiare tutta la notte per arrivare in Svizzera alle 9:30 del giorno dopo, la Festa delle Donne, festeggiata miseramente dal Salone con una discreta povertà di hostess.
Non sono andato per vedere ragazze, se è questo che vi state chiedendo, ma perché sono state presentate alcune automobili che i miei occhi non avrebbero potuto rinunciare a vedere (nonostante il grande sonno). Da qui, essendo solo e senza attrezzature per girare, l’idea di questa personale top ten. Le dieci auto che mi hanno costretto a farmi 2.400 km in macchina senza dormire.

N.10 – ITALDESIGN ZEROUNO


L’azienda torinese fondata da Giugiaro e Mantovani è ormai parte del Gruppo Lamborghini (e dunque VW) da qualche anno. Questo non vuol dire che non sia più animata da menti e matite italiane, così come tante altre aziende che respirano aria fresca grazie a fondi esteri. Al di là di ragionamenti più o meno romantici, un nuovo prototipo Italdesign vale la pena di essere preso in considerazione. Il primo impatto col frontale è duro, ha l’effetto giusto e ti costringe a guardare il resto. Non sono un amante delle appendici aerodinamiche scomposte e del design aeronautico. Sforzandomi di cancellare tutto il superfluo dalla linea riesco ad apprezzarne la forma di base, ma mi viene rovinato ogni piacere estetico da “decorazioni” che servono forse ad attirare un potenziale acquirente da cui io mi guardo bene. I cerchi in stile MAK da Seat Ibiza tuning non vengono salvati da un frastagliamento Lamborghini Centenario (che è la parte peggiore della Centenario). Insomma, l’impatto c’è al primo sguardo, ma viene reso antipatico da soluzioni estetiche forzate e probabilmente poco utili per un’auto stradale. Bellissime le linee a contrasto sulle gomme Pirelli che slanciano la fiancata risolvendo la sindrome del cerchio piccolo che attanaglia il possessore di auto sportiva. Molto lamborghiniana come fu la Italdesign Calà (giustamente) ma non così pulita e pura come lei. Eppure sto ancora qui a guardarla e non riesco ad andarmene, quindi evidentemente alla Italdesign sanno il fatto loro. Avrei preferito più stile e meno carico scomposto, un po’ come gli interni. Bellissimi i gruppi ottici anteriori e lo sviluppo centrale sul muso, con prese d’aria utili e appaganti sul muso e sul cofano. Ad ogni modo quando finirà la moda delle supercar da arabi sarò di nuovo contento. Se n’è accorta addirittura la Bugatti che non è più il caso…

 

N.9 – BUGATTI CHIRON


L’opposto. Design pulito, cento volte più bella e giusta della precedente Veyron, affascinante e avvolta da un alone di superiorità che lascia a bocca aperta. Ho il privilegio di conoscere tantissimi retroscena riguardo la “Bugattona” che il mio mentore e suo collaudatore Loris Bicocchi mi ha raccontato durante l’ultimo anno di sviluppo. Questo me la fa apprezzare ancora di più, ma qui al Salone si parla principalmente di impatto visivo. Il nuovo disegno la avvicina alla storia del marchio e la rende veramente la Bugatti del nuovo millennio che non era stata la 16.4 del 2005 (oltre che una perdita economica per il Gruppo di 1,7 miliardi di euro). Il passato è passato e oggi Bugatti ha un nuovo ammiratore: io.

 

N.8 – MCLAREN 720 S


Questa è una delle mie case preferite: McLaren. La sua storia, le sue formula uno, i suoi piloti e i suoi progettisti. Qualunque cosa fanno mi fa venire i brividi pensando a tutto quello che c’è dietro. Il mio test con la 570S mi ha anche tolto ogni dubbio sull’attuale corso industriale della casa di Woking. Questa nuova 720 è di nuovo coraggiosa e spavalda alla maniera degli inglesi, che lo fanno sempre come se gli altri non esistessero. Nuove pieghe di fiancata, nuove forme a lenzuolo sulla coda, ma di nuovo tutto in maniera originale e distintiva. Non capisco ancora se mi piacciono i fanaloni anteriori e le ali sui fianchi dove si trovano le scritte 720s, sicuramente vado matto per la sua essenzialità.

 

N.7 – KOENIGSEGG REGERA


Dai, questo signore svedese è un grande. C’è poco da dire. Nelle prime fasi del successo, quando si crea qualcosa di nuovo, sono tutti dalla tua parte (e poi si passa alla fase in cui prima di affermarti per sempre ti danno tutti contro). Koenigsegg se la spassa in quella fase lì, dalla quale Pagani è uscito da poco (e alla grande). Se si ha un punto di vista nuovo, unico e valido, la gente se ne accorge subito. La nicchia si arricchisce ogni anno di nuovi ricchi che vogliono farsi la propria casa costruttrice di super o iper sportive. Altra cosa è mettere su un mercato dal nulla dove sembrava non esserci posto. La Regera mi ha fatto l’effetto di una cosa inaspettatamente piacevole che succede senza motivo, tipo trovare 50 euro a terra. Al signor Koenigsegg piacciono i delfini, forse non tutti lo sanno, e si vede da come le sue auto prendono forme affusolate e adatte a scorrere fendendo lo spazio in cui si trovano. Poi questa esposta a Ginevra da dietro ricorda tantissimo la Jaguar XJ220 e io posso solo trattenere i lacrimoni.

 

N.6 – PORSCHE 911 GT3


Anche qui c’è da trattenere lacrime a fatica. Porsche ascolta i suoi clienti, ormai è evidente. Ce lo ha fatto capire con la Cayman GT4, poi con la 911 R e oggi con la nuova GT3. Tutte queste auto sono disponibili con un meravigliosamente anacronistico cambio manuale. Sulla Cayman GT4 ho fatto 500 km e non avrei voluto mai più scendere. Ora aspetto di provare la R e la GT3 ma so già che avrò da star male per giorni. Non c’è niente da fare, quando una casa madre ha le idee chiare vengono fuori cose del genere (e ci vuole coraggio ad ammettere di aver “sbagliato” una macchina come la precedente GT3). Sia benedetta l’unica casa tedesca romantica che c’è.

 

N.5 – PININFARINA FITTIPALDI EF7


Tutto quello che visivamente non è la Italdesign Zerouno. Pulita, funzionale, affascinante e originale senza bisogno di strafare. C’è dietro una mano che conosco bene, la stessa che si è occupata della moderna Stratos commissionata da Stoschek qualche anno fa. Anche lì fece un lavoro ineccepibile. Chiamatemi scemo ma io ci vedo due dettagli di Miura che gridano. Il musetto visto di profilo e la punta di vetro verso il lunotto. I gruppi ottici e l’intero sviluppo aerodinamico dell’anteriore mi costringono ad abbassarmi in ginocchio e rialzarmi in piedi decine di volte per capire il flusso d’aria studiato e voluto, sposato da un disegno riuscito e non volgare, non forzatamente futuristico (cosa che non sopporto) ma più vicino all’utilizzo reale e figlio delle competizioni. Insomma, il mio genere.

 

N.5 – SCUDERIA CAMERON GLICKENHAUS SCG-003


Come si fa a non adorare questo signore? Da quando lo intervistai durante il primissimo shake-down a Vallelunga con Nicola Larini al volante mi resi subito conto della sua pasta e della genuinità che lo contraddistingue. Fossero tutti così i mega-collezionisti. La sua macchina rispecchia in pieno il suo modo di vivere l’automobile, infatti James Glickenhaus si presenta in scarpe da ginnastica dove gli altri ostentano capi d’abbigliamento a quattro zeri. Ancora più adorabile. La macchina è prevalentemente italiana e costruita in Piemonte da Manifattura Automobili Torino, sotto la supervisione di Paolo Garella (ex Pininfarina prototype engineering) e punta a devastare gli attuali record per auto stradali sul ‘Ring. La Scuderia promette di abbassare il record staccato dalla Radical SR8LM di oltre 10 secondi e di rovinare quello fatto dalla Porsche 918 per 27 secondi di stacco.

Allo stand sono esposte sia la Stradale che la Corsa, che fondamentalmente sono la stessa macchina con poche modifiche, e questo è proprio il basamento del concetto che ha Glickenhaus dal primo giorno: creare una macchina stradale che fosse veramente un prototipo di Le Mans con la targa. Se ne sta facendo spedire una a New York così non dovrà più andare in ufficio con la sua fin troppo comoda Ferrari P4/5 esemplare unico, ma finalmente potrà arrivare a lavoro con una LM1 con il suo logo sopra. A proposito, dato che il progetto nel suo pieno mi fa impazzire e lo trovo grandioso, meglio che dica almeno le due cose che non mi piacciono: lo stemma simil-Ferrari in celeste con iniziali SCG e fiaccola della libertà (ottima idea, resa malissimo) e l’abitacolo da sala giochi anni ’90 che non sposa al meglio la credibilità generale del progetto.

 

N.4 – RUF CTR


La parola RUF basterebbe da sola, ma qui c’è di meglio. Non siamo davanti ad un’auto elaborata su base Porsche, stiamo guardando un progetto nato da zero su una piattaforma inedita e interamente sviluppata dal preparatore più folle delle cavalline di Stoccarda. Nel 1987 ci fu la Yellow Bird (della quale questa qui è un evidente tributo) che era già di per sé una gran follia. C’è un video sul Nuerburgring in cui si vede l’uccellino giallo di traverso dall’elicottero che squarcia la pista e se credete di saper guidare vi consiglio di guardarlo per bene, così cambiate idea. Da quella follia nasce la nuova CTR, con telaio in carbonio progettato da zero, 700 cv sviluppati dal 3.6 biturbo Porsche e cambio immancabilmente manuale. Trazione posteriore secca, due posti, quasi 350 all’ora e zero cento dichiarato in 3,5 secondi. Di cosa stiamo parlando? INNAMORATO.

 

N.3 – ALPINE A110


Sta davanti alle altre solo perché questa costerà meno di 60.000 euro, pesa mille kg e ha 250 cv, quindi non paga neanche il superbollo in Italia (gli unici idioti al mondo). I primi 1955 esemplari di lancio sono stati ordinati tutti in 5 giorni e a mio avviso queste persone ci hanno visto lungo. Andrà a fare la lotta con Alfa 4C e Cayman, partendo già da una buona posizione grazie alla sua ripartizione di 44-56% e CX di 0,32. Non sarà semplice però farsi strada davanti la tedesca e l’italiana che hanno due clientele molto precise, sarà interessante vedere come si comporterà il mercato e soprattutto il cronometro. Personalmente trovo la nuova A110 molto riuscita già a livello estetico, con un giusto tributo all’originale e una sicuramente ottima realizzazione. Di quest’auto non c’è tanto da chiacchierare, va assolutamente guidata prima possibile, da sola, poi contro le sue due rivali che non vedono l’ora di distruggerla.

 

N.2 – FERRARI 812 SUPERFAST


Come sempre ci metto un po’ a capire la nuova Ferrari, l’ultima volta che non ho avuto bisogno di qualche giorno per digerire un modello inedito fu con la 458 Italia che, come non nascondo nel mio video, è stata una delle poche a convincermi immediatamente. Poche settimane fa lo stesso Centro Stile Ferrari mi aveva ampiamente conquistato con la J50, sulla quale scrivevo così: “BRAVO Flavio Manzoni perché senza saperne nulla appena l’ho vista ho detto “mamma mia mi ricorda la F50 senza assomigliarci per niente” e solo dopo ho realizzato che, probabilmente, il suo esercizio è stato proprio questo. Quando pensavo che fosse ormai impossibile creare un design originale in mezzo alla moltitudine di supercar attuali, eccone una originale. BRAVI”. Ora, la 812 non mi ha fatto lo stesso effetto anche se, come mi assicura Manzoni mentre giriamo intorno alla nuova Berlinetta, “devi vederla muoversi in strada”. La Superfast è più dura e più sfacciata della F12 che va a sostituire. Nessun dubbio che sia superiore dinamicamente ed evoluta nel modo in cui solo Ferrari sa fare con un nuovo modello, ma ascolterò il consiglio del fenomenale Flavio Manzoni (padre dell’indimenticata Fulvia concept 2003); ne parlerò di nuovo quando non ci saranno tremila riflettori e altrettanti fotografi intorno, magari su una strada isolata e silenziosa. Resta comunque il principale motivo per cui mi sono sparato 2.400 km senza dormire.

 

N.1 – PAGANI HUAYRA ROADSTER


La metto al primo posto perché è sorprendente quanto una singola idea di un singolo uomo possa essere più forte e determinante di centinaia di studiosi che professano il Dio marketing. La Huayra aveva i suoi difettucci, me ne sono accorto durante un bellissimo viaggio di oltre 1.000 km fatto questa estate con il collaudatore Andrea Palma, subito dopo aver intervistato Horacio Pagani. Il suo più grande problema si chiama “Zonda” e diciamo che nascere dopo di lei sarebbe stato difficile per qualunque secondogenita, poi c’era il vecchio cambio che non era all’altezza della restante meccanica, la mancanza di voce (che però mi sento di difendere, perché inerente al concetto di “Dea del Vento”) e altre piccolezze. Di fronte a questa donna in abito lungo, con le forme perfette e sinuose che qualunque uomo subirebbe come uno schiaffo di gelosia in piena faccia, non si può che restare senza fiato. Cambio e motore sono quelli della BC, quindi risolti i problemi di trasmissione, ma non è questa la parte migliore. Non credo esista una macchina che preferisco nella versione priva di tetto, tranne Lei. Complice la presentazione in veste di carbonio azzurro scuro, le onde sui gruppo ottici posteriori, le linee lunghe e tese dei fianchi, i cerchi più belli del Salone e in generale la macchina più giusta di Ginevra 2017.

 

(N.D.R.) Nel frattempo Ford si dimostra nuovamente la casa più sveglia del momento, con uno stand che profuma di benzina incombusta e malignità.