L’impatto del Coronavirus sull’immediato futuro automobilistico – di Valerio Cometti

Vi ho dovuto abbandonare per un po’, magari io non sono mancato a voi, ma sicuramente voi siete mancati a me!
Gli impegni anomali di questi mesi recenti, tutti tesi a mettere in sicurezza le mie attività ed i miei collaboratori mi hanno davvero assorbito e, al contempo, impedito di mettermi serenamente alla tastiera e condividere con voi pensieri e riflessioni relativi al mondo della nostra passione. Dall’ultima volta che ci siamo “visti” purtroppo sono successe un sacco di cose.

Il mio primo pensiero, lasciatemelo dire, va a tutti coloro che hanno subito lutti o, magari, vissuto in prima persona le traversie create da questo dannato Coronavirus. Come un grande numero di settori industriali ed abitudini di consumo, anche la nostra amata automobile ha subito un forte contraccolpo da questa vicenda, la quale forse non si può nemmeno del tutto dire conclusa.

Avrete letto decine di articoli, assimilato centinaia di statistiche, visto migliaia di immagini di piazzali ricolmi di vetture invendute, perciò eviterò di entrare in ripetitivi dettagli, drammatiche contrazioni di vendita e percentuali negative da incubo. Io per primo sto cercando di orientarmi per capire come uscirà il mondo dell’automobile dallo “tsunami” Covid-19: si tratta di un mondo talmente complesso che non è sempre facile decifrarne le reazioni. Per prima cosa, temo che il passaggio verso la trazione elettrica subirà un rallentamento.

Questo fenomeno potrebbe non sembrare direttamente collegabile alla nota pandemia, ma la violenta riduzione di fatturato che tutto il settore automotive sta subendo facilmente si ripercuoterà in una contrazione negli investimenti.
Tranne Tesla, tutti i costruttori di automobili “old-school” hanno tratto ben poche soddisfazioni commerciali dai loro primi passi elettrici: pensiamo solo a Mercedes ECQ, Audi e-tron oppure Jaguar i-Pace…


La necessità di tornare a fare profitto potrebbe portare ad una focalizzazione su prodotti e tecnologie note, con un evidente slittamento delle roadmap previste per la transizione alla trazione elettrica. Forse che di questo cambiamento possa beneficiare la tecnologia dell’idrogeno?


Sicuramente anche questa tecnologia ha immenso bisogno di investimenti in primis infrastrutturali, ma se devo dirvela tutta, io è su questa tecnologia che punterei le mie carte a lungo termine. Ovviamente potrei sbagliarmi, ma da una parte ritengo schiaccianti i benefici portati dalla tecnologia fuel-cell, dall’altra sono segretamente succube della capacità di Toyota di tracciare reali tendenze nel settore.


Quando il mondo derideva il sovrappeso e gli extra-costi delle prime Prius, Toyota non poteva curarsene di meno, tirando caparbiamente dritto come pochi gruppi industriali al mondo sanno fare: oggi che le ibride sono ovunque, Toyota sta silenziosamente proseguendo il lavoro sull’idrogeno.

E se non foste convinti del grado di dedizione e “commitment” che Toyota ha verso questa tecnologia, andate a cercare su Google cosa sia “Woven City”, l’avveniristica città (si avete letto bene, una città) che Toyota sta costruendo all’interno della quale testare con reali abitanti tutte le tecnologie di frontiera, dal 5G ai droni stradali per il trasporto automatizzato delle merci, all’impiego diffuso dell’idrogeno per autotrazione. Poi ne riparliamo…

Da amante sincero e passionale dell’automobile come sono io, non posso invece gioire del suo ritorno nella forma più nefasta, ovvero imbottigliata nel traffico. A meno di inattesi vaccini e svolte dell’ultim’ora, siamo tutti consapevoli che la voglia di viaggiare con i mezzi pubblici sia ai minimi storici e per quanto stimolante sia pedalare, credo che alla prima nebbia autunnale, l’autovettura tornerà ad essere il “monolocale” preferito degli italiani.

Lo scrivo in questo modo denigratorio, perché chiunque ami le automobili sa che usarle per restarvi intrappolati in una qualsiasi tangenziale è quanto di più frustrante. Temo però che questo trend prenderà il sopravvento, unito ad un rinnovato disinteresse per le tematiche ambientali.

Leggo molti articoli che prevedono una crescita di sensibilità “green” e di nuovo rispetto della Natura, ma temo invece che assisteremo ad un egoismo di massa secondo il quale ognuno si premurerà in primis dei propri bisogni. Per non parlare del fatto che rispettare la Natura, anche a livello nazionale e politico sia molto costoso, richieda investimenti, implichi impegni a lungo termine, tutte grandezze delle quali nei prossimi 3-5 anni post-Covid si rischia di averne davvero poche.

Un altro mutamento che temo plausibile sarà la scomparsa dei saloni dell’auto. Pur rattristato da tale eventualità, quando razionalizzo tale evenienza devo ammettere che già in anni recenti mi sono interrogato sulla funzione dei saloni dell’automobile. Non certo eventi di natura commerciale, avevano perso la loro forza mediatica in anni di informazione diffusa e virale, con tanto di anteprime, preview e mille altri rivoli dai quali attingere liberamente per ammirare le ultime novità.

Certo, sono il primo a dire che una vettura debba essere vista dal vero, ma il rapporto costo-beneficio delle grandi kermesse automobilistiche è davvero di difficile sostenibilità e l’unione di budget contratti e poca propensione ad organizzare eventi che vedano migliaia di persone infilarsi in un padiglione per alcune ore, temo che potrebbero rappresentarne il colpo di grazia.

Teniamo però a mente che per ogni perdita, la creatività umana sa generare un passo in avanti e perciò se vi siete persi l’evento “virtuale” di Travis Scott su Fortnite, andatevelo a vedere e capirete quali nuove frontiere di comunicazione si possano aprire per chi sarà osare e soprattutto “usare” il cervello!


Volendo spingersi in ambiti più romantici ed in quanto tali forse più improbabili, mi domando se questa immane tragedia virale, possa indirettamente favorire un micro-trend che avvantaggi le vetture sportive, o più genericamente le vetture “da divertimento”.

Anche e soprattutto per lavoro, essendo quotidianamente coinvolto nello sviluppo di nuovi prodotti, ho letto con molta attenzione articoli, saggi e segnali che mi permettessero di capire l’evoluzione psicologica dei consumatori. Certamente la preoccupante contrazione dei redditi avrà un fortissimo impatto sulla capacità di spesa, ma ho la sensazione che, in reazione a tanta tragedia, possa nascere una strisciante voglia di svago e divertimento, figlia di una consapevolezza che “oggi ci siamo, ma domani chissà…”.
Questo, ma mi rendo conto che si possa trattare di un piccolo fattore positivo, all’interno di quadri macroeconomici talmente negativi da probabilmente diluirlo in pieno, potrebbe dare un po’ di ossigeno al settore delle due posti, delle sportivette, delle cabrio, oppure di qualsiasi forma di vettura divertente il mercato possa aver voglia.

Sappiamo come tali nicchie negli anni siano andate quasi a sparire, rullate da quelli schiacciasassi che sono i SUV, perciò mi domando se da tanta tragedia possa nascere questo piccolo raggio di “sole automobilistico”…
E voi cosa ne pensate? Dei tanti cambiamenti che prevedete e che ho omesso, quale vi sembra il più rilevante? La Renault che rischia di fallire? Il possibile crollo dello car-sharing come fenomeno urbano? Cosa?

di Valerio Cometti

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