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I vostri articoli: La genesi stilistica della Ferrari Testarossa – in memoria di Emanuele Nicosia

Quando Emanuele Nicosia, Elio per amici e parenti, disegnò per Pininfarina il primo bozzetto della Ferrari Testarossa esclamò “perché non ti muovi”, quasi fosse un novello Michelangelo davanti al Mosè appena terminato. Si narra che a quel tempo Michelangelo nel pronunciare la famosa frase “perché non parli” scagliò un martello verso la statua. Al massimo Nicosia avrà lanciato una matita verso il disegno.

Emanuele Nicosia

Questo aneddoto da lui stesso raccontato esprime con forza la sua passione e la dinamicità che voleva esprimesse il disegno. Direi che l’obiettivo l’ha certamente centrato, anche se lui cercava non solo la dinamicità delle forme, ma anche l’estetica come espressione di funzionalità. Vediamo quindi la genesi della vettura che più di ogni altra ha segnato un’epoca e fa tuttora scuola negli istituti di design come caso di studio.

Nicosia si è chiesto innanzitutto quale fosse il veicolo che più di ogni altro esprimesse dinamicità, e come ovvio che sia, si è risposto una Formula 1. Tra i vari modelli ha trovato il motivo ispiratore della fiancata della Testarossa nella Ferrari 312T a effetto suolo del 1975. Si noti infatti come l’andamento della fiancata della vettura di Lauda e Regazzoni lasci già intuire l’andamento di quella della Testarossa.

Il primo schizzo aveva già alcuni stilemi che conosciamo, ma mancano quelle griglie laterali che poi richiamate anche sul frontale e soprattutto sul retro hanno definito in maniera univoca questa vettura.

Ebbene le griglie sono state imposte da una peculiare normativa USA a salvaguardia dei pedoni. Forse temevano che le bocche di raffreddamento dei radiatori laterali risucchiassero un bambino? Comunque sia, si è trattato di una esigenza di funzionalità che Nicosia, alla ricerca dell’estetica nella funzione ha plasmato in queste iconiche griglie. Come si può vedere le griglie mancavano ancora nel primo prototipo utilizzato per le prove in galleria del vento.

Sempre ragionando sul tema dell’estetica come espressione della funzionalità, Nicosia, dovendo dare alla Ferrari una sostituta della 512BB, ha considerato che quest’ultima era una vettura risultante assai calda per i passeggeri ed il condizionatore poco riusciva a raffrescare l’abitacolo. La causa di tanto calore era determinata soprattutto dai tubi del circuito di raffreddamento del motore che circondavano l’abitacolo, dovendo portare il liquido refrigerante (comunque sempre attorno ai 90°c) dai radiatori posti sul frontale fino al motore posteriore centrale. Da qui il lampo di genio di effettuare una rivoluzione copernicana nello spostare i radiatori dietro l’abitacolo in modo che le tubazioni non avrebbero più lambito l’abitacolo, riscaldandolo. Ciò ha determinato varie conseguenze: La vettura si è allargata notevolmente sul retro, ha richiesto la creazione delle bocche laterali poi celate dalle griglie e soprattutto ha determinato la formazione di superfici ad effetto deportante più efficaci di un antiestetico alettone che avrebbe sporcato una linea così pulita, ma del quale probabilmente non si sarebbe potuto fare a meno per dare stabilità alle alte velocità, se non ci fosse stata questa pensata.

 

Nella vista dall’alto si apprezza quanta differenza in larghezza ci sia tra parte anteriore e parte posteriore. Si noti la forma a goccia dell’abitacolo che è la migliore per favorire la penetrazione aerodinamica e come dalla differenza tra la forma a trapezio del contorno vettura e la forma a goccia dell’abitacolo si formino le superfici deportanti ai lati del vano motore.

Il risultato è un capolavoro assoluto del design industriale applicato all’automobile, con in più il vezzo dello specchietto retrovisore posto a metà montante, ma era questo sempre un aspetto legato alla ricerca spasmodica della funzionalità.

Prima della Testarossa, Emanuele Nicosia aveva concepito la Ferrari 288 GTO, prima supercar moderna della Ferrari. Il disegno base continuava ad essere quello della 208/308 di Leonardo Fioravanti, ma qui sapientemente reso più muscoloso per tenere a bada una potenza quasi doppia ed affinché esprimesse quella dinamicità da lui sempre ricercata nelle automobili ad alte prestazioni da lui disegnate.

 

Dopo la parentesi in Pininfarina per Ferrari, Emanuele Nicosia si è cimentato con gli interni di altre vetture sportive disegnando quelli della Bugatti EB110 e della Lamborghini Diablo. In particolare con la Bugatti ha osato darle degli interni più adatti forse ad una berlina Bentley che non ad una Hypercar, ma non per questo si può dire siano fuori luogo.

Il passare dagli esterni agli interni delle auto è solo un piccolo assaggio dell’eclettismo di questo stilista, infatti egli ha disegnato anche la Jaguar XJS Spider che è assai differente come concetto di autovettura dalle sportive prima citate. In tempi più recenti ha disegnato anche delle citycar.

L’eclettismo, Emanuele Nicosia lo ha espresso negli interessi privati cimentandosi come pilota nelle cronoscalate (con una Fiat 500 da lui stesso modificata nelle forme quando aveva solo 18 anni), come pilota di moto amatoriale con una Ducati Monster da lui preparata, come scultore, come polistrumentista (suonava chitarra e pianoforte), infine come divulgatore. Negli ultimi anni è stato infatti chiamato come docente in istituti di design in India, Thailandia, Giappone. Avrebbe voluto creare qualcosa del genere in Sicilia, sua terra d’origine. Sempre a proposito del suo talento in campi diversi, si è dedicato ad un certo punto della sua carriera al design delle moto. Emblematico resta il suo prototipo da salone, ma perfettamente funzionante, Moto Guzzi Sansone del 2000. Questo veicolo rappresenta un ibrido tra moto e scooter che ha anticipato di oltre 10 anni quanto fatto dalla Honda col modello Integra 750 e che oggi commercializza il modello X-ADV, dimostrandosi Nicosia ancora una volta un innovatore ed un anticipatore di tendenze.

Sarebbe stato bello se Davide Cironi avesse potuto fare con Emanuele Nicosia un ciclo di interviste come quelle fatte col grande Marcello Gandini. Purtroppo non ha fatto in tempo ed Emanuele Nicosia ha lasciato i suoi progetti nel 2016 a 63 anni. Chissà quante altre forme avrebbe potuto immaginare e quanti nuovi designer avrebbe potuto formare.

di Francesco Giampà

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