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LOTUS ELISE: Un sogno leggero

Un telaio composto da estrusi di alluminio incollati tra loro, una carrozzeria in vetroresina e un motore Rover Serie K da 120 cavalli con appena 165Nm di coppia.
Difficilmente si rimane impressionati da numeri come questi.
A meno che non si aggiunge anche il numero 830.

I “pochi” cavalli che il 4 cilindri della Lotus Elise S1 tira fuori devono vedersela infatti con un peso in ordine di marcia di appena 830 kg (723 kg a vuoto) ed un telaio davvero fuori dal comune in quanto a rigidezza e precisione.
Colin Chapaman, fondatore di Lotus, aveva le idee molto chiare, risparmiare peso in ogni modo possibile in favore delle prestazioni e così è stato; “less is more” recitava il famoso motto che l’allora presidente della casa di Hethel (Romano Artioli, sì proprio l’ex presidente Bugatti di Campogalliano) sposò perfettamente dedicando l’auto alla nipotina Elisa.

Si è seduti a pochi centimetri da terra in una vasca di alluminio, senza alcun comfort: niente servosterzo, niente airbag, imbottitura dei sedili inesistente, eppure è una macchina da cui non si vorrebbe mai scendere. Il motivo? È una esperienza unica.
Il propulsore, un 1.8 aspirato, è in grado di far scattare questa macchina con una prontezza del tutto inaspettata, coprendo il classico 0-100 in 5.9 secondi, un tempo molto vicino a quello di sportive con il doppio dei cavalli sotto il cofano.

La versione che ho avuto l’opportunità di provare è un S1 del 1998 senza nessuna modifica sostanziale. Già così l’anima di questa macchina è ben evidente e particolare: qui regna l’essenzialità ed il rigore assoluto verso un progetto unico al mondo. Una filosofia pienamente compiuta in un’auto che di certo stravolge i classici canoni di valutazione, ma costituisce un punto di riferimento per tutti quelli che di auto sportive si intendono.

Ci si cala nell’abitacolo scavalcando il generoso brancardo con non poche difficoltà specialmente per i più alti e ci si trova “sdraiati” con attorno solo alluminio crudo e qualche comando davvero essenziale. Tutto è votato alla totale ricerca di leggerezza.
Il quadro strumenti sembra preso in prestito da macchine pre-serie ma qui tutto passa in secondo piano, un volante verticale e tre pedali in alluminio ricavato dal pieno sono tutto ciò che serve per garantire un piacere di guida davvero fuori dal comune.

Il motore posto in posizione centrale aiuta a garantire una distribuzione dei pesi ottimale e lo sterzo diretto e duro esalta le già citate doti del telaio.

I percorsi con tante curve sono il suo habitat naturale; la macchina va subito in appoggio sulle ruote esterne e il rollio è davvero limitato. Macchine del genere ti invogliano a spingere sempre di più sull’acceleratore perché il limite fisico di tenuta è tenuto ben lontano dalla leggerezza e dall’equilibrio del motore centrale.
Le strade cittadine piene di dossi, con manto stradale irregolare e tombini sono una vera tortura per la piccola Elise (e per la mia schiena), le sospensioni sono talmente rigide da sembrare finte.

È un tipo di auto che non ha nulla a che vedere con le sportive “moderne” piene di orpelli, comfort e atmosfere ovattate.
Pensateci, gli unici particolari che al giorno d’oggi vi fanno capire di essere all’interno di un’auto sportiva e non della corrispettiva versione turbodiesel sono loghi, lucette e qualche dettaglio verniciato di rosso.
Nella Elise non è così. Qui tutto trasuda sportività, quella vera, quella delle piste: non esiste nulla che possa concedere spazio a comodità aggiungendo del peso e mi rendo conto che questa filosofia va contro i trend automobilistici attuali.

Di certo la piccola Lotus di fine anni ’90 non è la classica macchina modaiola da parcheggiare fuori del locale famoso per far colpo sugli amici; qui stiamo parlando di un’auto di nicchia per i pochi disposti a pagare il suo prezzo (e non mi riferisco a quello di listino).

Io, purtroppo, ho avuto modo di provare questa Elise per poco tempo ma l’idea me la sono fatta molto velocemente, dopo due curve tutto nella mia testa era già chiaro. Quest’auto farebbe sicuramente parte di una mia ipotetica collezione personale di auto sportive, ma di quelle vere.

Personalmente credo che, se veramente ci si ritiene appassionati di auto, non si può rimanere immuni al fascino di capolavori del genere, pieni di storia, tradizione e idee.

Andrea Recalcati

(per la Elise si ringrazia Marcello Aliprandi)

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