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I vostri articoli: Alfa Romeo 1750 GT Veloce – una continua fonte di sorprese

“Che fine avrà fatto la gt?” Così è ricominciata la storia dell’Alfa 1750 gt veloce 2^ serie che papà aveva comprato nell’aprile del ’71, esattamente un anno prima di conoscere mamma, che dopo poco mi diede alla luce. Nel ‘78, con 100.000 chilometri di onorato servizio, la coupé viene sostituita con una più spaziosa Alfetta 2000, adatta alle mutate esigenze di famiglia. Ma i ricordi e la nostalgia lavorano piano piano. Finché, molti anni dopo, mia mamma, assolutamente lontana dal pur minimo interesse per i motori, sollecita nel papà e in me, cresciuto a pane e bialbero, la curiosità di sapere, appunto, che fine avesse fatto “la gt”. Chi l’avrebbe mai detto: proprio lei, che rispondeva “non saprei, mi sembra blu…” quando le chiedevo “che macchina ha la tua amica?”, fa scoccare la scintilla della rinascita. (Per la cronaca, nel frattempo l’Alfetta 2000 aveva lasciato il posto a una 75 Twin Spark).

LA CACCIA AL TESORO

Con la passione viscerale dei vent’anni e il borbottio dei carburatori doppio corpo sempre in mente, mi metto sulle tracce dell’oggetto del desiderio, e scopro presto che giace in un fienile a meno di quaranta minuti da casa, fra le colline del Garda, malconcio e quasi abbandonato, fermo da anni, ma per fortuna al coperto e non radiato, ancora con le sue targhe e il suo libretto.

Convinciamo senza troppe difficoltà il proprietario, il primo dopo papà, a disfarsi di quello che per lui ormai era solo un impiccio. E finalmente possiamo dare una risposta alla mamma: la gt è tornata! Dovevamo però restituirla all’antico splendore, perché le era toccata la stessa sorte ingloriosa di tante colleghe: era stata divorata dalla ruggine, anzi dalla corrosione passante, riverniciata prima di nero… poco Alfa e poi di rosso, era stata messa a gas, le erano state cambiate mascherina e cerchi, e qui mi fermo per non soffrire oltre.


 

DALL’ESTETISTA

Ci vogliono due anni di un impegnativo restauro totale, che seguo quotidianamente in modo maniacale, e nel ’99 la splendida creatura disegnata da Giugiaro sboccia una seconda volta, come nuova, in tutta la sua bellezza.

Rieccola nel suo grigio chiaro metallizzato, con i sedili in panno, gli organi meccanici e gli interni rimessi in condizioni d’origine e tutti i particolari tornati come Alfa li aveva fatti! Il motore (nuovo) ha ricevuto un trattamento di riguardo, con bilanciatura, lucidatura dei condotti e alleggerimento del volano.

Uniche “licenze poetiche”, perché l’appetito vien mangiando: il differenziale autobloccante del 2000, che migliora il comportamento nel misto stretto, un rapporto di riduzione finale più corto (9/43 in luogo del 10/41) per privilegiare accelerazione e ripresa rispetto alla velocità massima, un assetto più rigido, lo specchietto destro (rigorosamente dell’epoca), aggiunto dopo qualche rischio di ritorno dal carrozziere, e il paracoppa, pure quello del 2000, verniciato in nero opaco per mimetizzarlo. Recentemente ho montato un volante Moto-Lita più impugnabile nella guida sportiva rispetto al bellissimo Hellebore a calice originale, che ovviamente conservo come una reliquia. E per concludere l’opera ho sostituito gli ottimi Michelin 165 HR 14 XAS (che ho tenuto con scrupolo reverenziale) con dei 185/70 14 più rassicuranti.

EMOZIONI

Con qualche modifica, era possibile trasformare la sobria auto di tutti i giorni in cattivo bolide da pista. La gt era a proprio agio nel parcheggio sotto casa, fuori da teatro e sulla griglia di partenza. È armonica, la sua linea è senza tempo, riesce ad essere sportiva e quasi aggressiva, ma anche elegante e discreta. Non ci si stanca mai di guardarla; piace a chi preferisce non dare troppo nell’occhio, ma anche a chi ama farsi notare. Sempre giovane, è perfetta con il tacco dodici, ma anche con le scarpe da ginnastica.


Oggi la guido, con grande orgoglio e piacere, quando le condizioni sono ideali. Lo straordinario 4 cilindri, dal suono inconfondibile, ruggisce ancora generoso regalando emozioni che difficilmente si provano con auto anche più blasonate. Borbotta rauco ai bassi regimi, per salire veloce attraverso una sinfonia progressiva fino a sfiorare i 6000 giri con un rombo metallico unico e inimitabile. Effetti collaterali: crea dipendenza…

Non stupisce che questo motore, il 1.779 cc, abbia equipaggiato per un quarto di secolo e senza sostanziali stravolgimenti, oltre ai modelli 1750 di derivazione Giulia (berlina, gt e spider), anche le successive Alfetta berlina e gt, Giulietta, 90 e 75. La meccanica eccellente ed emozionante, coniugata all’estetica seducente come poche, produce un cocktail – per me – fra i più riusciti nel mondo delle coupé italiane del dopoguerra. Stupiscono, nella guida, l’agilità e la maneggevolezza, complici le dimensioni: la gt è lunga poco più di quattro metri, larga meno di un metro e sessanta e pesa poco più di dieci quintali. Non passa inosservata: molti l’ammirano, appassionati più o meno competenti. Da chi ti chiede se monta i Weber o i Dell’Orto, a chi esclama convinto “bella la Giulietta!”; si fermano anche i lancisti convinti, quelli che continuano a preferire la Fulvia… perdonati per questa volta.

Aspetto con fiducia una coupé all’altezza dei modelli che, come la gt, hanno fatto grande la storia e la meritata fama dell’Alfa Romeo. Di quelle guidabili tutti i giorni senza troppi sacrifici e che non fanno sentire il desiderio di avere un sofisticato impianto hi-fi, perché sulle macchine vere la musica più bella viene da sotto il cofano. Intanto mi godo la mia 1750. E mentre scrivo mi sta nascendo una curiosità… che fine avrà fatto l’Alfetta? Ma questa – forse – sarà un’altra storia…

CURIOSITÀ

P.S. Nota per alfomani inguaribili: all’inizio del restauro mi rivolgo al Centro Documentazione Storica dell’Alfa Romeo, per avere tutte le informazioni necessarie. Fornisco il numero di telaio e l’autorevole signora Elvira Ruocco mi risponde puntuale con la scheda della macchina. Quasi tutto coincide: modello, anno, data di consegna, concessionaria, nome del primo proprietario. Tranne un dettaglio non trascurabile: il colore della carrozzeria! Leggo infatti che la nostra 1750 è stata prodotta in colore Blu Francia (AR 342).

Chiamo per capire. “Impossibile!” – affermo con perentoria sicurezza. “Mio papà l’aveva ordinata grigia metallizzata, dev’esserci un errore”. Mi suggeriscono di controllare sotto i supporti del motore… e in effetti, a sorpresa, il blu c’è. Per me è un mistero, che mi viene presto svelato. Ecco la spiegazione: in quegli anni era piuttosto frequente che, per evadere velocemente gli ordini, le auto in pronta consegna – ma di colore differente da quello desiderato – fossero riverniciate prima della messa su strada, all’insaputa dei clienti. Ma la traccia rimaneva nei punti più nascosti… Che tempi!

di Alberto Camadini

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