Editoriali

Ho trovato il coraggio di guardare la Formula E – Davide Cironi

Mi sono seduto comodo e ho guardato una gara di Formula E, a Hong Kong. In realtà ero anche positivamente ben disposto, sentivo parlare molto bene di questa categoria nuova, dove tutto è fresco e ancora poco viziato. Perché “ero”?

Molti amanti della Formula Uno si sono riversati sulle competizioni elettriche perché sembra siano più divertenti. Regolamenti acerbi, rivalità lontane da quelle a cui siamo abituati, piloti che saltano fuori dalle macchine durante il pit stop, sorpassi e tanti incidenti. Bene!

Hong Kong E-Prix, pista cittadina, velocità non pervenuta (almeno ai miei occhi). Dopo aver visto il record al Nurburgring della Nio EP9 (hypercar elettrica assolutamente sconvolgente) avevo anche fatto un po’ pace con la faccenda rumore. Va talmente forte (record 6:45.9) che non è silenziosa. Tra vento, pneumatici e tutto quanto, quando corre si sente un bel baccano seducente. Il punto è che va veramente veloce. Apprendo che hanno un Team Formula E. Mi sembra giusto.

Ho pensato dunque che, se la sensazione fosse la stessa, il fascino della Formula E dovrei subirlo anche io. Per di più, possiamo aggiungerci che esteticamente quasi le preferisco alle Formula 1 attuali e, quanto a rumore, resto talmente affezionato agli ultimi V10 aspirati che quelli di oggi mi sembrano più o meno elettrici anche loro. Fa più casino la macchina con cui vado a fare la spesa.

Se la Formula E mi darà la stessa adrenalina di quel record elettrico sul ‘Ring, penso, mi divertirò come un bambino. Quindi sto molto attento a tutte le sfumature e faccio caso a tutti i dettagli che solo chi guarda per la prima volta può notare. Il fatto che i telai fossero progettati da Dallara prima e da Spark Racing Technology poi, mi eccita abbastanza.

Alla partenza mi sembra di rivivere le garette di quartiere con le Mini4WD lanciate sui pistini costruiti con la cognizione di un gruppetto di bambini impallinati. Più o meno stesso rumore, stessa sensazione vedendo la scena dall’elicottero. Però vedo Alain Prost tutto serioso che guarda la stessa scena dai box, quindi penso che migliorerà.

Mi manca talmente tanto saltare sul divano per una competizione motoristica che speravo con tutto il cuore di affascinarmi per questa nuova disciplina, frenando anche un po’ la paura di noi tutti che il MotorSport stia andando a morire.

Dopo la prima impressione da Mini4WD impazzite, inizio già ad odiare il circuito. Troppo stretto, troppo lento, troppo limitante. La gara mi da ragione pochi secondi dopo che ad alta voce dico: “Sì ma il tracciato è troppo stretto!” e in una chicane da GoKart restano incagliate oltre cinque vetture.

E ci restano mica per dieci secondi, ma viene fermata la gara per districarli. Riprende e di nuovo un sacco di botte. Questo mi piace. Vedo sportellare (non hanno sportelli ma se ne danno lo stesso) e mi sembra una Formula3 – Rally Cross – Mini4WD con nomi altisonanti (anche se il giovane Nico Prost chiude la gara contro un cartellone pubblicitario, trascinando metri di carta e gettandoli poi addosso ad Ambrosio).

Non nascondo che sia divertente vedere un macello di costosissime monoposto che vengono usate come fossero Seicento Sporting, però non è quel divertimento dato dal vedere una gara automobilistica, dove tutto si regge su precari equilibri di pilotaggio, tecnica ed esperienza. La sensazione è quella di vedere la garetta degli amici al Kartodromo il sabato sera. Qui però si sta guardando piloti di grande talento guidare automobili complesse e difficili da interpretare per i comuni mortali. Com’è possibile?

Si deve tener conto di cose nuove, come la gestione della carica elettrica, derivante dalle frenate ad esempio. I piloti devono considerare che hanno a disposizione una batteria carica a inizio gara. Durante l’uso ovviamente questa si scarica, ma può riguadagnare durante le frenate. Si arriva ai box per il Pit Stop quando la carica è pari a 1% (preferibilmente), per cambiare direttamente macchina. Il pilota salta fuori, corre qualche metro e si cala nella seconda Formula E, pronta con batteria carica. Mi ha ricordato Le Mans, con la corsa verso le auto a piedi. Divertente vedere la componente umana in corsa e non solo su Instagram.

Dunque, prima di tornare a parlare della corsa, vi dico giusto qualche dettaglio importante per capire la Formula E. Ci sono 10 Team, e non tutti così prevedibili. Mahindra Racing con Nick Heidfeld (è costruita da Magneti Marelli e Spark), Renault (con il suddetto Nico Prost), DS Racing Citroen, le americane Dragon e Andretti, Jaguar Panasonic con Nelson Piquet Junior, Audi Sport ABT ovviamente, le due cinesi Techeetah e NIO Formula E Team (nominata sopra per la vettura da record sul Nurburgring) e Venturi. Sì, Venturi!

Tutte le auto hanno stessa potenza, stesse sospensioni, stessi telai, stesse gomme, stesso limite massimo di utilizzo elettrico e, dunque, stesse prestazioni. Nel campionato 2017/18 la potenza massima per le qualifiche è fissata a 300 cv, quella in gara a 240 cv. Ci si spiega il perché della sensazione Mini4WD ora.

Detto questo. Torniamo alla gara di Hong Kong e a me davanti la TV dopo anni. Mi sembra, per assurdo, di assistere ad una corsa dei primi del ‘900. Intrigante è il fatto che sia praticamente tutto nuovo, questo posso dirlo con certezza, ma di fascino non ce n’è molto. Non lo stesso che devono aver provocato cento anni fa le prime auto da corsa, lente come solo oggi potremmo giudicarle, ma sicuramente più trascinanti per la sensazione di essere delle creature calde e vive. Negatelo?

Il grande progresso ci ha portato agli albori di una nuova categoria, di un nuovo motorsport che sta per prendere piede davvero. Gli investimenti che ci sono dietro e la certezza che questo sia il futuro ne sono prova schiacciante. Ad oggi però neanche il pubblico cinese, notoriamente facile da interessare con le diavolerie elettroniche, si scalda troppo con la Formula E. Almeno questo ho visto durante la premiazione a fine gara. Ah sì, la gara nel frattempo è finita.

Incidente del leader all’ultima curva, butta via la gara all’ultima curva cedendo la vittoria. Tutto molto cinematografico devo dire. Premiazioni con i piloti che passano in mezzo al pubblico per raggiungere il podio, tipo giocatori della NBA (peccato che beccano sì e no due high five senza troppo interesse da parte dei presenti) e tiepidi applausi che immagino visti dagli uffici stampa dei grandi sponsor e commentati con un qualche “Eh va be’ dai, è normale“.

Mi viene da pensare se questa cosa sarebbe stata possibile con uno qualunque dei piloti Formula Uno fino a qualche anno fa, quando erano ancora considerati degli eroi di cui avere un’immagine appesa in studio, in cameretta, tra le pagine dei quadernoni a scuola. Chi impugnava volante e pomello godeva di una stima diversa, data dal coraggio e dal talento dimostrati durante lotte folli a trecento all’ora con il vero rischio di ammazzarsi e finirla lì, su una pista, solo per scoprire chi fosse il più veloce. Non avrebbero ricevuto quattro manine timide dal pubblico, ma avrebbero avuto bisogno di una scorta militare per fare un passo.

Da una parte questo è buono, vuol dire che finché non c’è troppo interesse c’è ancora molta genuinità (basta guardare i box nella foto in basso), ciò di cui le Corse dovrebbero nutrirsi. Sappiamo tutti che non devo finire la frase con un “ma” fin troppo scontato.

Dunque mi è dispiaciuto davvero non poter dire “io ormai guardo solo la Formula E e le gare di GT, oppure le Salite” quando mi chiedono se seguo ancora la F1. Non fa per me la Formula E, almeno non ancora. Capisco dove vogliamo andare a parare, capisco che non dobbiamo insistere contro il progresso perché è così punto e basta. Mi auguro che il progresso, in questo caso, non si offenda se mi farò aspettare a lungo da lui.

di Davide Cironi

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