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I vostri articoli: L’Arte dimenticata della Carburazione

Nei primi anni novanta ero uno sbarbatello che, abbandonate le moto, aveva debuttato nel mondo dell’ auto con la passione dei 5 turbo (siano essi stati Maxi, Alpine o Super5 Gt) insomma mi piaceva vincere facile. Da buon giovane libero pensatore meccanico, ero conscio di avere un grande potenziale ma che tale potenziale andasse perlopiù sprecato inquanto nato in una provincia apparentemente sterile motoristicamente parlando.

Pareva infatti che le eccellenze di zona: principalmente Cagiva, Aermacchi, Augusta elicotteri, fagocitassero tutti i migliori talenti, obbligando quindi i giovani ad entrare in fabbrica per trovare maestri in grado di tramandare le loro esperienze, affinchè i freschi neuroni  e le giovani mani continuassero la ricerca e lo sviluppo di quella cosa meravigliosa che è la meccanica applicata ai mezzi di locomozione.


Essendo nato “allergico alle fabbriche” non avevo altro modo che frequentare le migliori officine della zona per carpire qualche segreto. Così mi trovavo a fronteggiare leggende metropolitane e verità inconfutabili, provandole sulla mia pelle. Man mano che l’esperienza avanzava conoscevo sempre più gente in gamba che mi istruiva e mi dava spunti di riflessione, semplicemente osservandone l’operato e carpendone i “perchè“.

Un giorno passavo col mio 5 vicino alla fabbrica della USAG e vedo uno strano personaggio in tuta blu che, arrampicato su un muretto armeggia con un cartello giallo a forma di freccia. Al ritorno guardo il cartello ormai in posizione e sopra c’è scritto qualcosa di incomprensibile, una scritta rovesciata, al contrario… tipo cofano delle ambulanze! Infatti guardo nello specchietto e leggo: Carburatorista.

“CAZZO! Questo deve essere più fuori di me“. Il cartello a freccia indicava l’ingresso di un grosso caseificio dismesso della Castelli formaggi, con tanto di ciminiera in mattoni alta una settantina di metri. Il caso volle che qualche tempo dopo fossi assunto da un auto-ricambista che aveva la base proprio in quell ex-complesso industriale, e li incontrai Daniele.

Il personaggio era fenomenale: un misto tra Dario Fo e Renato Rascel! Parlava orgogliosamente in dialetto varesino perchè era originario della Rasa di Varese, terra di contrabbandieri… Infatti lui aveva lavorato per anni in Varese città nell’offcina che elaborava la maggioranza delle auto dei contrabbandieri varesini. Un’istituzione!

Diventammo amici nel vero senso della parola. Condividevamo le nostre emozioni, confrontavamo le nostre idee, bevevamo caffè e fumavamo cinquemila sigarette una dietro l’altra, bestemmiavamo in dialetto: le sue a volta sembrava rotolassero, pesanti come palle da bowling, e mi raccontava storie ed aneddoti sugli anni ’60 e ’70, cose che non mi sarei immaginato. Intrecci tra malavita e politica locale, piccole mafie, gruppi di potere, storie di puttane e contrabbandieri al night club.

E intanto lavorava: smontava gli amati Dell’Orto e Weber, Solex, Su, Pierburg, Zenith, Amal, Bing, Holley e qualsiasi altro ordigno che alimentava motori di auto normali, supercar, barche, moto… Io ascoltavo e guardavo, prendevo appunti mentali, cazzo era la scuola che avevo sempre sognato: tutti i sensi impegnati. Già, perchè la sua caverna, il suo garage, aveva una particolarità: sotto aveva dei sotteranei che, alla dismissione del caseificio, furono riempiti di scarti di lavorazione dello zola e murati (vivi).


Quando cambiava il tempo non si sentiva più il profumo della benzina rossa e del “turco (la soluzione che si usa per pulire i carburatori) ma la puzza di gorgonzola marcio. Era un delirio! E giu secchiate di bestemmie sul pavimento a mattoncini rossi.
Daniele era bravo: era il miglior carburatorista a nord del Po e molto spesso arrivavano clienti dall’alta Italia e dall’estero con macchinoni assurdi: Ferrari Daytona, 512BB carburatori, Rolls Royce, De Tomaso Pantera, Lamborghini LM002, Jaguar E-Type, Alfa Romeo Montreal… Sapeva mettere la mani anche alle iniezioni meccaniche il Daniele!


E io osservavo in religioso silenzio quando lui col cacciavite liturgico, a ottavi di giro, registrava la miscela e il flussaggio di una fila di Dell’Orto che sembravano piccoli di falco nel loro nido, coi cornetti a mo’ di becchi spalancati per prendere la pappa.
Daniele aveva il dono della chiacchera ma anche quello della sintesi: quando doveva spiegarmi qualcosa imitava con la bocca i rumori del difetto che mi stava spiegando, fosse esso una valvola che si sta bruciando o un collettore di aspirazione che soffia leggermente. A volte veniva in autoricambi a chiamarmi perchè aveva in officina un auto con un difetto particolare che voleva farmi sentire. Proprio così Daniele sentiva i motori, li ascoltava come un logopedista ascolta il suo allievo e prontamente riconosceva ogni difetto ogni incertezza ogni stechiometrica incoerenza.


Quando aveva a che fare con auto sportive o elaborate, in fase di messa a punto, ogni tanto era costretto a dare delle furiose sgasate per “pulire” il motore ed io imparai a distinguere i “canti” dei veri motori, anche se ero in magazzino al telefono con un cliente a caccia di qualche pompa dell’ acqua o puntine del 903, la melodia penetrava fin dentro la DeCa autoricambi e io distinguevo l’ Alfa dall’ Omega. Era un Direttore d’Orchestra.

Giulia Ti Super
La passione per l’Alfa Romeo in massima parte me la trasmise Lui. Quando in officina c’era un Alfa di quelle vere, sia essa una nord o una sud, era una festa. Mi spiegava le modifiche cha avevano applicato ad Arese nel corso dello sviluppo: il perchè ed il percome delle cose, aveva conosciuto e lavorato con il grande Consalvo Sanesi, storico pilota collaudatore del Biscione.

Ogni volta che gli capitava in officina una 33 per essere più comodo le toglieva il cofano, così il caro motore boxer restava con i 2 doppio corpo puntati verso il cielo e, dopo averne revisionato i carburatori, si divertiva a sgasare senza la cassa filtro ed i raccordi, cosicchè l’aria aspirata dal motore, sopra ad un certo regime si condensava in 4 colonne distinte e ben visibili che vorticosamente si infilavano nei venturi…
Daniele era un Mago. Fu lui che mi trasmise la scimmia per la carburazione.

Se ne è andato guidando sul suo Brinzio… S’è addormentato per sempre ed ha delicatamente parcheggiato la Punto in un fosso.
Non è mai stato ricco di soldi Daniele, si è fatto il mazzo tutta la vita per mantenere moglie e figlio e pagare all’inps una pensione che non ha fatto a tempo a godersi, ma è la persona più ricca di esperienza e con una delle sensibilità più spiccate che abbia mai conosciuto, sulla sua vita ci sarebbero da scrivere quattromila libri. A presto mio caro amico, ti immagino lassù, a discutere di benzine e carburazione con l’Ingegner Chiti.

di Luca Meazzini

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Il carburatorista Lamborghini che mise a punto la Miura Jota per Bob Wallace

 

La Miura Jota e Bob Wallace - Davide Cironi - Drive Experience