Design

La Creatività del Sol Levante – di Valerio Cometti

Quando si pensa alla creatività, al design ed all’innovazione, la mente con buona probabilità corre ai prototipi visionari di Bertone, oppure si riempie di immagini di leggendarie vetture francesi quali la 2CV e la DS oppure ancora l’immortale Renault 5. Chi invece associ il design alla sculturalità evocativa delle supercar, allora probabilmente penserà alle migliori Ferrari, Porsche, Lotus e via dicendo. È però improbabile che qualcuno associ a tanta creatività un marchio giapponese a volte considerato minore, ma che ha saputo offrire svariate vetture innovative e spesso immortali, pur inframezzate da tanti anonimi prodotti mass-market. Mi riferisco a Mazda, la casa di Hiroshima, azienda talmente legata al proprio territorio al punto che gli stabilimenti divennero centro logistico per i soccorsi in seguito al funesto bombardamento atomico della città stessa nel 1945.


L’inizio estremamente umile l’accomuna al percorso seguito da altri marchi giapponesi: è difficile trovare prima degli anni Sessanta delle vetture di grandi personalità e contenuti provenienti dal Sol Levante. Nel 1967, Mazda lancia sul mercato la Cosmo Sport, una coupé due porte oggi piuttosto rara, dalle forme allungate e di grande appeal per il mio personale gusto, pur influenzate dai trend del car design occidentale del periodo: non trascurabile, infatti, la somiglianza in alcuni aspetti alla Lamborghini 350GT.

Davvero non trascurabile, però, la particolarità del propulsore ospitato sotto il suo cofano: il mitico rotativo Wankel. Pur non costituendo elemento di design, è innegabile che la competente ostinazione con la quale Mazda abbia adottato e saputo far evolvere negli anni questa straordinaria architettura motoristica non possa non andare a deporre a favore di un’azienda che deve essere considerata fra le più creative nel panorama automobilistico mondiale.

Un secondo traguardo sul percorso del design e dell’innovazione Mazda può essere individuato nel 1978 con il debutto della RX-7. Sarà il fascino degli oggi banditi fanali a scomparsa, ma la RX-7 ha rappresentato un sogno “raggiungibile” per gli automobilisti di mezzo mondo. Le prime due serie di RX-7 volevano porsi come alternativa alla Porsche 924/944, dalla quale, in tutta onestà, traevano più di uno spunto stilistico, ma già da allora si vedeva la capacità degli stilisti della Mazda di comporre le forme in modo elegante e desiderabile.

Sarà con la terza serie del ’91, che Mazda offrirà un vero gioiello di design, dal lungo cofano e dalle forme morbide, ma mai stucchevoli. Saltare già agli anni Novanta ci farebbe perdere la nascita nel 1989 di un’autentica icona dell’automobilismo, ovvero la mitica MX-5. Ispirata alla tradizione delle due posti convertibili di scuola inglese, la prima serie della MX-5 col suo corto pomello del cambio, la sua asciuttezza nelle forme e le perfette proporzioni, offriva ed ancora offre un’esperienza di guida appagante e coinvolgente.


Creatività però non dev’essere appannaggio solo delle vetture sportive e perciò nel 1991, Mazda polarizza gli animi con una compatta city car uscita delle pagine di un fumetto, ma che dimostra il coraggio di un marchio fiducioso nella propria capacità di creare voglie inespresse nel mercato: parlo della Mazda 121.


Rotondità estreme, sbalzi ridottissimi, padiglione curvo, disponibile con un ampio tetto in tela apribile: tutto concorreva a creare una vettura divertente già dal primo sguardo, ancor prima di quella paffuta Nissan Micra seconda serie che tanto successo ebbe nei primi anni Novanta.
Creatività ed innovazione non sono sempre garanzia di successo commerciale, ma in questa rubrica noi vogliamo celebrare le idee ed il coraggio e perciò non possiamo non plaudere alla MX-3 del 1992, compatta coupé mossa dal più piccolo V6 mai entrato nel cofano di una vettura di serie.


È innegabile che in questo rapido elenco ometto volutamente la tante vetture un po’ anonime che hanno riempito negli anni i concessionari della casa di Hiroshima, in un’alternanza a volte sorprendente di banalità e “follia” (come altrimenti definire l’alternanza a distanza di pochi anni della basilare e squadrata SUV Tribute e della eccitante RX-8 con le sue “suicide doors” ed il motore Wankel)?


Gli anni centrali della prima decade sono caratterizzati da una certa stanchezza stilistica nella produzione di serie Mazda, ma lo stesso non può essere detto dal punto di vista della ricerca creativa. Negli anni fra il 2005 ed il 2010, la direzione creativa della casa di Hiroshima mette a punto attraverso una serie di coraggiose concept car il linguaggio stilistico Nagare, ispirato dallo studio del movimento e dai segni che questo lascia sulle superfici che lambisce. Le sue ricadute sulla produzione sono in effetti abbastanza circoscritte, ma non può essere dimenticata la splendida biposto da corsa Furai (e non solo per il suo rogo durante le riprese di Top Gear…).


Dopo il Nagare, in Mazda si inizia a lavorare al corso stilistico successivo, chiamato Kodo, a tutt’oggi impiegato nella definizione delle forme delle vetture di serie. Anche il Kodo si ispira al movimento, ma in realtà questo si esprime in una raffinatissima giustapposizione di concavità e convessità, le cui transizioni vengono dilatate in modo estremo, creando delle superfici di rara eleganza.


Lungi da me voler apparire ampolloso o troppo tecnico, ma è innegabile che il Kodo sia un linguaggio formale molto sofisticato e forse meno semplice da cogliere, ma che però mi trova particolarmente entusiasta e soddisfatto. Osservate la fiancata della Mazda Vision Coupé: a partire dal passaruota anteriore, la lenta transizione fra concavità e convessità diventa protagonista di questa splendida vettura, priva di fregi e decori posticci (si, sto guardando te, BMW).


Lo stesso raffinato trattamento si trova anche nel prototipo Kai, che in fondo è diventato l’attuale ed apprezzata Mazda 3, brillante esempio di trasposizione stilistica fra concept e produzione. Come sapete, quando scrivo i miei pezzi cerco sempre di “gettare il sasso” delle vostre curiosità e memoria e non voglio mai entrare in una disanima enciclopedica, modello per modello, anno per anno. Spero però di avervi stimolati e di avervi ricordato quanti meriti creativi vadano riconosciuti a quella “piccola” casa giapponese che ha saputo prendersi tanti libertà e rischi per regalarci vetture originali ed attraenti, non trovate?

di Valerio Cometti

www.v12design.com
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